L’interessante libretto Il Trieste di Enrico Halupca, collana I Germogli dell’Accademia degli Incolti – Italo Svevo [ISBN 978-88-943594-3-5, Trieste, 2019], uscito alle stampe in occasione del sessantesimo anniversario della storica discesa del batiscafo nella Fossa delle Marianne (23 gennaio 1960), fa riaffiorare la curiosa e peculiare genesi giuliana di questo formidabile mezzo subacqueo.

Enrico Halupca è un noto ed abile trovatore di spunti di ricerca originali ed interessanti che ha effettuato una ricerca d’archivio sui dibattuti diari del professor Diego de Henriquez, oggi conservati presso l’archivio del Civico Museo della Guerra per la Pace ‘Diego de Henriquez’ di Trieste. Nel fare ciò è riuscito a ricostruire l’incredibile intreccio di relezioni umane e convergenze di nobili ideali ed interessi materiali dipanatosi tra il 1948 ed il 1955 tra il triestino de Henriquez – personaggio bizzarro ed originale che sognava un futuro grande per il capoluogo giuliano, allora Territorio Libero di Trieste sotto amministrazione postbellica anglo-americana – e Jacques ed Auguste Piccard, padre e figlio, scienziati ed esploratori.

Pamphlet che avrebbe degnamente trovato posto in un’ipotetica collana di quaderni del Circolo Culturale Diego de Henriquez [info], il lavoro di Halupca riscopre la travagliata nascita del batiscafo Trieste come risultante dell’interferenza proattiva tra le visioni sognatrici – ma non irreali ed, anzi, pregne di impegno e sforzi concreti persino economici e personali – del professor de Henriquez (che mirava ad un lancio sul panorama internazionale del suo Museo della Guerra per la Pace anche grazie ai riflettori mediatici puntati sull’impresa e della successiva acquisizione del batiscafo, a termine utilizzo, quale ulteriore volano d’interesse culturale per il museo) e dei Piccard (i quali grazie ai contatti triestini col professore riuscirono a reperire fondi, agganci e tecnologie che consentirono loro di sviluppare il prototipo in riservatezza ed autonomia dalle mire della Marine Nationale francese che già aveva scippato loro il controllo del precedente progetto FNRS2), facendo riemergere un insieme poliedrico e sfaccettato di spunti e considerazioni su svariati aspetti della storia e delle vicende di Trieste e del suo lungo dopoguerra.

Le vicende del Trieste sono note agli appassionati delle esplorazioni oceaniche: nel 1960, appunto, il batiscafo raggiunse per la prima volta nella storia dell’umanità il fondo dell’Oceano Pacifico, il punto più profondo del pianeta Terra, il fondale della Fossa delle Marianne. Ma all’epoca, pur venendo ancor pilotato personalmente da Jacques e controllato da Auguste Piccard, la batisfera era stata già acquisita – e parzialmente modificata – dalla U.S. Navy, la quale la utilizzava per un proprio programma di ricerca subacquea. Nello scritto di Halupca, invece, si fa riferimento al precedente periodo esplorativo indipendente, quello sotto diretto controllo dei Piccard, culminato con il record di immersione del settembre 1953: -3100 metri di quota nella Fossa Tirrenica.

La lettura de Il Trieste, adatta sia agli appassionati che ai curiosi, è lievemente guastata da una prosa non sempre lineare ed immediata che la rende a volte pesante e stentata; ciò nondimeno il volumetto è un must-have per la biblioteca di ogni cultore delle cose nautiche e della storia di Trieste e della visione alta e nobile, quasi sacrale, che Diego de Henriquez riservava alla sua città quale futuro centro mondiale di riferimento per una cultura della Pace derivata dalla conoscenza degli orrori della guerra.

Ulteriori informazioni sullo studio di Halupca e sul Trieste, nonché recapiti di contatto ed alcune interessanti immagini, sono liberamente reperibili sul sito batiscafotrieste.com curato direttamente dall’autore, mentre il volume è disponibile nelle migliori librerie.

@EnricoNeami