A Letter from Kenji Tomiki to Isamu Takeshita, è un articolo pubblicato da Christopher Li in lingua inglese su Aikido Sangenkai – Pacific Rim International Power Study Group – www.aikidosangenkai.org, Honolulu, Hawaii, ed è consultabile direttamente in originale all’indirizzo www.aikidosangenkai.org/blog/a-letter-from-kenji-tomiki-to-isamu-takeshita/; quella che segue è una traduzione in lingua italiana a cura di Enrico Neami.

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Isamu Takeshita (竹下勇) fu un ammiraglio della Marina Imperiale Giapponese ed un diplomatico che aiutò a negoziare la fine della guerra Russo-giapponese.

Sostenitore delle arti marziali giapponesi, presentò il presidente Teddy Roosevelt al suo istruttore di Judo Yoshiaki Yamashita. Allievo e sostenitore del Fondatore dell’Aikido Morihei Ueshiba, fu attore imprescindibile nel convincere Ueshiba a trasferirsi a Tokyo e, inoltre, lo introdusse nei circoli più elitari delle alte sfere militari giapponesi.

L’Ammiraglio Takeshita organizzò anche quella che fu molto probabilmente la prima dimostrazione dell’arte di Sokaku Takeda e di Morihei Ueshiba nell’America del nord.

 

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L’Ammiraglio Isamu Takeshita a Hollywood nel 1935 assieme all’attrice bambina Jane Withers.

Nel corso dell’estate 1935 l’Ammiraglio Takeshita effettuò la sua quinta visita nel nord America. Sostò a New Orleans, San Francisco, Washington DC e Seattle. Il suo scopo era informare il pubblico degli Stati Uniti circa l’errata interpretazione fornita dalla stampa internazionale sul ruolo del Giappone in Cina. L’obbiettivo giapponese, disse, non era quello di allargare la sfera di co-prosperità Giapponese, bensì quello di bloccare il comunismo internazionale. “Le navi da guerra giapponesi non hanno mai attraversato il Pacifico se non in missione di pace”, dichiarò in un’intervista radiofonica a San Francisco. “Nessun soldato giapponese è mai giunto su queste coste se non in simili missioni”.

Mentre era negli Stati Uniti, Takeshita dimostrò l’Aikibudo a judoka e giornalisti. “Passo almeno due o tre ore al giorno con i miei allievi”, disse, “Ju-jitsu e Kendo sono arti come se le immaginano gli stranieri, ma sono anche metodi per costruire e rafforzare il carattere… il carattere è la cosa più importante, dall’inizio alla fine”.

Stando a quanto disse, c’erano almeno 3.500 prese nel suo stile. Piuttosto che utilizzare la forza per sottomettere l’avversario, l’idea era quella di proiettarlo quasi senza toccarlo e ciò veniva fatto utilizzando la stessa forza dell’attaccante contro di lui. Takeshita riteneva che l’Aikibudo fosse un’arte pericolosa per i giovani ma credeva che fosse un metodo eccellente per uomini e donne più maturi. Concludeva asserendo che rappresentava un ottimo allenamento per i politici, poiché senza la pratica egli stesso sarebbe rimasto esausto da tutte le strette di mano che gli americani si aspettavano.

A Washington, nel settembre 1935, un giornalista statuintense chiese a Takeshita del suo “jiu-jitsu”. “Flettendo i muscoli delle braccia con un gran sorriso”, si lesse poi nel resoconto del New York World Sun: “l’Ammiraglio si offrì di illustrare quello che definiva come una maniera più efficace di combattere che è nota in Giappone come Aikibudo“.

“Un uomo, lasciandosi vincere dalla curiosità più che dalla cautela, si offrì volontario. Come un lampo l’ammiraglio proiettò il reporter a terra, troppo sorpreso per potersi permettere più di un sospiro affannoso.”

” ‘Sono stato molto delicato con lei’, disse l’Ammiraglio Takeshita. ‘Vede, avrei potuto ucciderla molto facilmente’ “.

Nel corso del suo viaggio di rientro in Giappone dell’ottobre 1935, Takeshita dimostrò l’Aikibudo ai giornalisti americani anche a Seattle. Nella dimostrazione il suo partner fu Yasuyuki Kumagai, cintura nera 5 dan e capo istruttore nel Judo Club di Seattle noto come Seattle Dojo. “L’Ammiraglio sorrise e chiese a Kumagai di prendere posizione”, riportò poi il Great Northern Daily News.

Entrambi assunsero la posizione di guardia del Judo e, con un repentino movimento che fu più veloce di quanto i presenti potessero aver colto, Takeshita effettuò un affondo a mano aperta e dita distese verso il tronco di Kumagai.

Ciò fu tutto ma Kumagai, che conosceva un po’ dei punti vulnerabili del corpo umano, rimase stupefatto quanto convinto.

‘Ancora un pollice e io sarei stato a terra privo di sensi o rantolante dal dolore’, dichiarò il tarchiato judoka, e la maggior parte degli astanti gli credette.

Aikido Comes to America: September 1935 
Journal of Combative Sport,novembre 1999
di Joseph R. Svinth

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Il giovane Kenji Tomiki assieme al Fondatore dell’Aikido Morihei Ueshiba.

Kenji Tomiki (富木謙治) iniziò a praticare il Daito-ryu Aiki-jujutsu con il Fondatore dell’Aikido Morihei Ueshiba nel 1926 dopo essere stato spronato ad incontrare Ueshiba da parte di Hidetaro Kubota (che in seguito cambiò il proprio nome in Nishimura), allievo temporaneo di Judo all’università Waseda.

Il primo libro noto pubblicato dal Fondatore dell’Aikido Morihei Ueshiba (“Moritaka Ueshiba” all’epoca dell’uscita) era il manuale tecnico d’allenamento del 1933 poi pubblicato in inglese col titolo “Budo Training in Aikido“. Inizialmente il manuale veniva conferito agli allievi come una sorte di certificato d’insegnamento (l’intero manuale è scaricabile integralmente da Aikijujutsu Densho, ovvero Budo Renshu, di Moritaka Ueshiba). È corredato da molte illustrazioni che spiegano le tecniche che venivano allora insegnate al Kobukan Dojo, disegnate da Takako Kunigoshi, un’allieva del Kobukan che iniziò a praticare subito dopo aver terminato gli studi all’Accademia nazionale femminile di Belle Arti. La parte testuale del lavoro venne in gran parte stesa e riveduta da Kenji Tomiki.

Nel 1938 Tomiki divenne il rappresentante di Morihei Ueshiba all’università giapponese Kenkoku, nella Manciuria occupata (andando a rimpiazzare Rinjiro Shirata, che era inizialmente stato scelto per primo ma che era stato richiamato alle armi nel 1937) e sarebbe divenuto il primo 8 dan di Aikido nel 1940.

 

Ulteriori informazioni in questi due articoli su Kenji Tomiki:

In questo articolo, che trae origine dal materiale originale in lingua giapponese raccolto grazie all’assistenza di Josh Gold e di Aikido Journal, si tratta di una lettera di Kenji Tomiki all’Ammiraglio Isamu Takeshita del 1928 (è disponibile una versione più semplice dell’articolo, senza alcune delle note, su Aikido Journal). All’epoca Tomiki aveva praticato sotto la guida di Morihei Ueshiba solamente per un breve periodo di tempo prima di prestare servizio militare, e la lettera venne scritta poco prima del congedo. Egli riporta alcuni dei propri pensieri ed opinioni sul jujutsu di Morihei Ueshiba ed alcune considerazioni sul Kodokan Judo.

La lettera viene anche citata dallo stesso Isamu Takeshita nei suoi diari:

21 Settembre 1928

Ricevuta una lettera sull’Aiki Jujutsu dal sig. Tomiki, a Hirosaki [Aomori]. Mi interessa comparare ciò con il Kodokan-judo. [Nota: Tomiki arruolato nell’esercito a Hirosaki fin dall’inizio del gennaio 1928]

– da “Summary of Isamu Takeshita’s Diary
traduzione di Fumiaki Shishida.


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Kenji Tomiki dimostra una difesa da calcio frontale su attacco di Hideo Hoba, 1961.

Una lettera di Kenji Tomiki a Isamu Takeshita

19 Settembre, anno 3, Era Showa (1928)
Al signor Isamu Takeshita, 3-5 Kuruma-cho, Shiba-ku, Tokyo-to

Inviata da Kenji Tomiki, 31-5 Kachi, Hirosaki
Responsabile della Direzione del Dipartimento Contabilità

Heishin (“notizie amichevoli/ordinarie”, saluto onorifico)

Egregio Signore,

è da un po’ di tempo che non sono stato in grado di inviarle i miei saluti. So che lei e sua moglie avete trascorso questo periodo senza difficoltà ed io sono ancora energicamente in servizio nell’esercito. L’ondata inusuale di calura che ha investito questa zona per tutta l’estate sta gradualmente lasciando posto alle brezze autunnali e si può sentir freddo alla mattina ed alla sera.

Siamo stati informati delle speciali manovre militari di quest’anno che sono state organizzate per la cerimonia di Stato che dovrà tenersi all’inizio del mese prossimo dalle parti di Morioka, e per fortuna ci è stato concesso l’onore di potervi partecipare. Io sono assegnato al quartier generale del 31° reggimento, 6° battaglione, e partiremo tra ventun giorni da oggi. Inizieremo con l’addestramento combinato presso Aomori e con gli scontri a livello di brigata e reggimento e quindi, immediatamente dopo, procederemo con gli scontri tra divisioni provvisorie, per finire con le manovre di larga scala a Shinkyo (Nota: probabilmente in preparazione dell’invasione giapponese della Manciuria).

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Foto commemorativa per la fine delle manovre speciali del III anno Showa (1928).

Solamente dopo un mese dalla fine delle grandi manovre mi congederò dalla vita militare.  Dopo il congedo sembra che ritornerò a Tokyo per divenire nuovamente un fardello a carico di qualcuno.

L’altro giorno ho ricevuto una lettera da Ueshiba Sensei. È tornato ad Ayabe per un breve periodo e rientrerà a Tokyo in settembre. Sono stato molto contento di sapere che tutti voi state studiando come al solito e che il numero di praticanti entusiasti cresce di giorno in giorno.

Ripensando alla scorsa primavera quando per la prima volta ricevetti l’insegnamento di Ueshiba Sensei ed al breve periodo trascorso sino al mio arruolamento qualche mese dopo, comprendo come quelli fossero stati giorni che hanno ancora un grande significato per me.

Oltre ad una straordinaria rivoluzione nel mio modo di vedere lo Judo – disciplina che avevo praticato per più di dieci anni sin dai giorni delle scuole elementari – l’istruzione e le spiegazioni che ho ricevuto su molte delle domande e delle insoddisfazioni generatemi dallo Judo sino a quel momento, hanno chiarificato e ispirato i miei pensieri circa l’attuale situazione del Kodokan Judo.

Certamente i giorni in cui ho potuto imparare il jujutsu dal mio maestro sono stati limitati ed anche adesso sono ancora lontano dal riuscire a penetrare i segreti delle tecniche più profonde. In ogni caso – ed è questo il frutto di una ricerca di sì breve periodo – seguono qui alcune delle considerazioni che ho maturato sinora, o che sono balenate tra i miei pensieri, pur con la consapevolezza che dovrò ancora imparare molto nel futuro.

Per prima cosa ho pensato molto su ciò che è chiamata la filosofia del Judo. Non ero capace di comprendere il giusto posto del Judo nel marasma del più ampio significato del Budo ma ora devo iniziare a credere che è chiaramente così: non che stessi negando totalmente la filosofia dello Judo di Kano Sensei, ma che ci sono alcune questioni aperte circa i presupposti.

La via dello Judo singolarmente è inclusa nel più ampio significato di Budo? Se fosse così, allora non ci sarebbe un motivo particolare per discutere del punto di vista dello Judo. Forse non è che il Kendo tradizionale, lo Judo e gli altri bujutsu si formarono come entità a sé stanti con punti di vista specifici.

Ciò è quanto meditavo: quello che è chiamato Budo è una via unica e tale percorso viene espresso in forma singola come Kenjutsu, Sojutsu… i Bugei Juhappan (nota: i 18 tradizionali tipi di arti marziali utilizzate dai samurai del Giappone Tokugawa, presi dalla precedente tradizione cinese). Nei tempi passati tutti i bujutsu, alla fine, erano la manifestazione di un’unica via marziale. Di conseguenza, sia il Kenjutsu che il Jujutsu si riuniscono alla fine tornando ad un unico percorso, e non è necessario dividere il Kendo dallo Judo per poterli spiegare. Azioni di entrata o di indietreggiamento, postura del corpo, respiro, devono tutti coordinarsi tra di loro. Però lo Judo ed il Kendo dei giorni nostri sono di fatto nel pieno processo di trasformazione in qualcosa di progressivamente sempre più differente l’uno dall’altro. Lo Judo non è la stessa cosa di un’arte in cui si impugna un’arma, ma entrambe queste arti devono aderire agli stessi principi di base. Sono arrivato a farmi chiarezza su tutto questo grazie al jujutsu di Sensei.

Nel Budo ideale mentre si procede lungo la via, il progresso tecnico dovrebbe progredire in parallelo. È differente rispetto a quanto accade nello sport. In confronto a quanto accade negli sport, nei quali i record vengono mantenuti per pochi anni nel periodo della giovinezza, nel Budo c’è un progressivo incremento delle capacità che accompagna le condizioni mentali sino alla tarda età. Se fissiamo tutto questo come obiettivo ideale, allora sorge spontaneamente una pletora di domande in merito all’attuale Kodokan Judo. Se invece consideriamo il caso del Kendo, ci sono molti praticanti che mantengono lo spirito di combattere con vigore ben dopo i sessant’anni d’età, in maniera molto più aderente agli ideali del Budo.

Queste debolezze sono state risolte dal jujutsu di Sensei.

Si potrebbe pensare che il Kodokan-ryu mira ad una crescita entro un orizzonte estremamente limitato. Quindi, con la decrescita causata dall’introduzione di cose come il pugilato moderno ed il Tode-jutsu (Karate) si può percepire come il Kodokan abbia imboccato una strada senza uscita nel mondo moderno.

Quindi, da dove emergono queste debolezze? Alla fine credo che tutto vada ricondotto al fatto che l’attuale Kodokan-ryu è stato sviluppato sulla base di giochi per l’educazione fisica più che non come tecnica di difesa personale. In ciò risiede gran parte del malanno.

Tutto questo può essere compreso con una ricerca sulle origini del jujutsu e sulla base da cui è stato creato il Kodokan Judo di Kano Sensei. Nel passato il generico jujutsu, che si era poi suddiviso in numerose scuole differenti – era stato creato per lo scopo dello shinken shobu (nota: 真剣勝負 – uno scontro con spade vere. In altre parole un combattimento all’ultimo sangue). Quindi da quelle ryu-ha si svilupparono molte scuole che si sono differenziate tra loro: quelle specializzate nelle tecniche di proiezione come il Kito-ryu (起倒流) e lo Yoshin-ryu (楊心流) da quelle specializzate nei colpi (atemi) e nelle immobilizzazioni come il Tenjin Shinyo-ryu (天神真楊流) o lo Yoshin-ryu (楊心流). Comunque al di là delle differenze l’attenzione primaria veniva prestata alla difesa dagli attacchi e quindi le tecniche combinate erano le più diffuse. Di conseguenza Kano Sensei ha tolto le tecniche combinate da quegli stili, ha vietato gli atemi, ha scelto le strategie meno pericolose ed ha creato il Kodokan Judo, appropriato per i tempi moderni. Vennero quindi stabiliti una varietà di metodi competitivi a partire dai principi più interessanti ed alla fine si è ottenuto ciò che prospera oggigiorno. Però si è finito per trasformare il tutto in uno sport. Ueshiba Sensei dice spesso: “cose come il Kodokan Judo sono realmente efficaci? Quello non è vero bujutsu“, ed in realtà la verità è quella. Dal punto di vista della difesa personale è completamente inefficace. E guardandolo dal punto di vista del bujutsu, siamo a livello di un’eresia. Se invece lo si guarda dal punto di vista di uno sport, penso che funzioni davvero bene. Credo che queste siano le attuali motivazioni dello Judo moderno.

Quindi alla fine il problema dovrebbe diventare: “quale ragion d’essere per lo Judo nei tempi moderni: difesa personale o sport?” Lasciando da parte per un momento il problema, vorrei discutere un po’ per chiarificare un altro aspetto della cosa: l’inizio e la fine della controversia che ha generato il metodo di competizione del Kodokan.

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Kosen Judo – il cuore della controversia sulla lotta a terra nello Judo. Sankaku-jime applicato al Kosen Taikai del 1920.

Negli anni precedenti c’erano incontri di Judo tra rivali della scuola superiore Dai-ichi e, rispettivamente, Dai-ni. Come risultato, benché la scuola superiore Dai-ichi avesse una guida 3° dan ed un certo numero di cinture nere, la scuola Dai-ni, che non aveva mai avuto più di una o due cinture nere, si era piazzata più in alto nelle competizioni. Ne emerse che la scuola Dai-ni si era allenata molto scrupolosamente nella lotta a terra e, di conseguenza, la scuola Dai-ichi non aveva avuto spazio di manovra per attaccare. Kano Sensei era stato molto critico su questo fatto:

La nascita dello Judo viene dallo shinken shobu. Nei tempi passati le tecniche a terra erano usate dopo che il primo avversario era stato completamente sopraffatto, in modo da controllare completamente un secondo avversario. Rispetto a quei tempi, la scuola superiore Dai-ni risponde ad un attacco con delle tecniche di lotta a terra sin dall’inizio. Questo non è un modo appropriato per uno shinken shobu, è estremamente codardo“.

Ne è nata una grande controversia.

Non apprezzammo le tecniche a terra e percepimmo l’atteggiamento della scuola superiore Dai-ni come molto subdolo. Al contempo, in termini di teoria, sapevamo che loro erano pienamente nel giusto. È così, il Judo moderno è uno sport. Quindi, finché non si violano le regole stabilite per le competizioni, il fine è vincere. Cose come lo shinken shobu sono completamente fuori dai termini dell’equazione, in questo caso. Di conseguenza io ritengo che l’approfittare della debolezza della scuola Dai-ichi nelle tecniche a terra per giungere alla vittoria sia solo che ragionevole. Il problema della contrapposizione tra tecniche a terra e tecniche in piedi è un problema anche ai giorni d’oggi.

In ogni caso, il solo difendersi da una proiezione rispondendo inconsciamente con una tecnica a terra nasconde una mancanza di attitudine aggressiva, una forte contraddizione con la “lotta sino alla morte senza resa” degli antichi guerrieri. Inoltre c’è il fatto che si possono studiare le tecniche di proiezione per anni senza averne ancora conseguito la padronanza, mentre, a confronto, combinando le tecniche di lotta a terra con la forza fisica si possono raggiungere risultati significativi in soli sei mesi o un anno, risultando efficaci negli incontri sportivi. Ciò che viene premiato negli sport è la vittoria negli incontri competitivi piuttosto che lo shinken shobu, quindi se il medesimo sforzo mentale e fisico, sacrificio e lavoro sono necessari per il conseguimento della vittoria, allora io credo che sia meglio che ci orientiamo verso le tecniche di lotta a terra piuttosto che non verso le tecniche di proiezione.

Nel bel mezzo delle apprezzate parole di Kano Sensei che ho citato prima, lo Judo moderno si sta gradualmente trasformando in uno sport. Inoltre, so che il suo graduale separarsi dallo shinken shobu (attitudine a praticare come se fosse in gioco la vita) sta creando un profondo dilemma.

Nota del traduttore: lo stesso Jigoro Kano espresse apparentemente i propri timori sullo judo quale sport e li espresse nel 1936 a Gunji Koizumi:

Molte persone di varie sezioni mi hanno interrogato sulla possibilità ed opportunità per lo Judo di venire ammesso tra gli sport ed giochi olimpici. Il mio punto di vista sulla faccenda, al momento, è passivo. Se altri Paesi membri lo desiderano, io non avrò obiezioni ma non mi sento propenso ad assumere alcuna iniziativa. Infatti lo Judo, in realtà, non è un semplice gioco o uno sport. Io lo ritengo essere un principio di vita, arte e scienza. In realtà lo considero un percorso di realizzazione culturale e personale. Solamente una delle forme di allenamento dello Judo, quella chiamata randori o allenamento libero, può essere classificata come sport. Certamente per certi versi lo stesso potrebbe dirsi per la boxe o la scherma, ma esse sono praticate al giorno d’oggi come forme di sport. Poi i giochi olimpici sono così fortemente connotati da influenze nazionalistiche che è possibile venirne influenzati e sviluppare gare di Judo, una forma retrograda come era il Jujutsu prima della nascita del Kodokwan Judo.

Fulfilling His Duty as a Member: Jigoro Kano and the Japanese Bid for the 1940 Olympics
di Joseph R. Svinth

I benefici derivanti dal Kodokan Judo sono generalmente illustrati con i seguenti quattro punti:

  • Metodo di educazione fisica (taiiku-ho / 体育法)
  • Metodo per coltivare lo spirito (shushin-ho / 修心法)
  • Metodo per consolare lo spirito (ishin-ho / 慰心法)
  • Metodo per la difesa personale (goshin-ho / 護身法)
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Shusaku Kiryu, squadra di Judo dell’Università di Tsukuba.

Il fine di questo studio è chiarire il background e gli intenti di Jigoro Kano quando introdusse il concetto di ishinho (metodo per consolare lo spirito) come uno degli scopi dello Judo. Kano inizialmente aveva descritto i fini dello Judo come taiiku (educazione fisica), shobu (arte marziale) e shushin (padroneggiare il proprio spirito). Successivamente Kano aggiunse ishinho come ulteriore scopo, ma non si conosce il motivo per cui lo fece. Nell’esaminare gli scritti di Kano e gli aspetti dello Judo divulgati in quel periodo, sono stato in grado di chiarire quanto segue:

  1. Dopo il 1883, lo Judo entrò nelle scuole come attività extracurricolare. Successivamente vennero fondati numerosi club di Judo ed iniziarono ad essere organizzati incontri interscolastici;
  2. Kano dimostrò che le persone che si allenavano nella disciplina dello Judo conseguivano i benefici di judo- taiiku, shobu e shushin;
  3. Nel 1911 lo Judo divenne materia d’insegnamento ordinaria nelle scuole superiori giapponesi. Dopodiché Kano annunciò l’aggiunta di ishinho tra gli scopi dello Judo ed aggiunse degli ulteriori elementi (incluso il piacere dell’esercitarsi; il gustarsi le esecuzioni di randori, competizioni e kata; il kata come una forma d’arte);
  4. Kano creò un nuovo concetto di ishinho sulla base della propria conoscenza dell’insoddisfazione verso la ginnastica ordinaria, dei vari benefici dello Judo e dei meriti degli sport atletici. Con la crescita degli incontri interscolastici, l’ishinho scomparve dai lavori di Kano e gli allievi vennero coinvolti in numerosi scandali. Al posto dell’ishinho, Kano chiese alla gente di migliorare questa situazione, sia che essi praticassero Judo o meno.

The Introduction of the Concept of “Ishinho” to Judo and the Thoughts of Kano Jigoro
di Shusaku Kiryu, Università di Tsukuba

Quando provo a confrontare il jujutsu di Ueshiba Sensei a questi punti mi sorgono spontanei questi pensieri:

  1. C’è certamente un pericolo di lesioni quando gli allievi delle elementari e delle medie si allenano normalmente per le competizioni. Se l’istruttore esercita l’appropriata cautela allora potranno praticare anche quelli per i quali è generalmente sconsigliato il Kodokan-ryu, come le persone più anziane e le donne. Di conseguenza credo, per quanto concerne questo punto, o per quanto concerne lo Judo come esercizio, che non ne è assolutamente inferiore.
  2. In quanto Budo che si orienta a coltivare lo spirito, i suoi obiettivi sono i medesimi, quindi alla fine si riduce ad un problema di insegnante, ma io credo che esso (il jujutsu di Ueshiba Sensei, N.d.T.) sia di molto superiore in termini di grande enfasi sulla spiritualità.
  3. Per quanto concerne il “Metodo per consolare lo spirito”, si dice che il Kodokan-ryu faccia appello ai sentimenti per le belle arti ma, al contrario, ciò può essere riscontrato anche in questo jujutsu. Un esempio di raffinato ed elegante kata del Kodokan-ryu è “Itsutsu no Kata” (五つの型), che esprime la sensazione dell’impeto delle onde, ma in questo jujutsu ciò non è espresso in un kata, quanto nella quotidianità della pratica. Poi è la stessa cosa per “Ju no kata” (柔の型), vi sono molti punti in questo jujutsu che gli sono estremamente simili. Però, in “Ju no kata” il Kokyu è completamente tralasciato, rendendolo alla fine senza carattere. La stessa cosa accade per i movimenti della postura: si pensa che quando essi vengano padroneggiati dalle donne del Kodokan-ryu, esse siano in grado di assumere una meravigliosa postura. Però il kamae delle gambe e delle anche in questo jujutsu ed i movimenti del corpo coincidono precisamente alla danza Noh, quindi ritengo esso su questo punto sia invero ideale.
  4. Inutile dirlo, quale metodo di difesa personale c’è una differenza rimarcabile. Innanzitutto per quanto riguarda il metodo di condizionamento (鍛練法), e mi è stato insegnato veramente molto su questo argomento. Ci sono due metodi di condizionamento, cioè uno favorisce il randori rispetto al kata e l’altro il kata rispetto al randori. Oltre al Kodokan Judo, il Kendo moderno usa pure il primo metodo, e tale fatto può far pensare e può rivelare una delle debolezze del bujutsu dei giorni nostri. In fin dei conti, si può pensare che sia una conseguenza dello sviluppo di un bujutsu concentrato sulle gare.

Il danno derivante dallo stare concentrati solo sul randori consiste nel fatto che si tende a praticare le sole tecniche in cui si è portati, allontanandosi dalla via e degenerando nell’utilizzo della sola forza fisica. Sebbene ciò sia buono in termini di educazione fisica, per cogliere il vero spirito del bujutsu io credo sia necessario maturare pienamente il significato del bujutsu stesso attraverso il kata, prima di entrare nel randori: questo è il modo per eliminare gli errori. In questo jujutsu l’attenzione viene posta sul kata, ma quello che sembra quasi un circolo vizioso per comprendere lo stesso significato del bujutsu è, al contrario, una scorciatoia che può essere insegnata per eliminare gli errori. Però ciò che io credo essere ancor più importante, è che quello che qui si intende con kata non è lo stesso dei quindici prefissati kata di proiezione o dei kata di immobilizzazione limitati ad un certo numero di tecniche del Kodokan-ryu. Essi (i kata del jujutsu di Ueshiba Sensei, N.d.T.) sono flessibili e liberamente adattabili a qualsiasi situazione si presenti: sono kata ma sono essi stessi randori.

Quando osservavo per davvero il Kodokan-ryu ed altri e ricercavo nelle loro origini storiche, ero in grado di accertare con chiarezza i punti di superiorità di questo jujutsu. Quindi il desiderio di comprendere il valore di questo jujutsu dalla più ampia prospettiva del Nihon Bujutsu mi è sempre rimasto fisso in mente.

Come ho detto prima, ho praticato lo Judo per parecchi anni ma alla fine non ho fatto un singolo passo oltre il punto di vista di un puro sport e, di conseguenza, mi sono messo messo a studiarlo come un metodo superiore di esercizio fisico, ma quando ho terminato i miei studi accademici i limiti al mio tempo, alla mia resistenza ed al mio spazio mi hanno fatto comprendere che dovevo prendere le distanze dallo Judo. Però, grazie ad un’opportunità inaspettata, ho avuto modo di osservare la tecnica di Sensei e trovare un posto per lo Judo che avevo pensato di abbandonare, addivenendo a ritenere che qui stava qualcosa che avrei potuto proseguire a coltivare e migliorare per sempre come altra forma di esercizio e di interesse. Mi sono iscritto subito dopo il diploma della scorsa primavera e, lasciandomi alle spalle la classe e la casa, ho avuto il tempo di dedicarmi completamente all’insegnamento di Sensei.

Mi piacerebbe rientrare a Tokyo dopo il congedo dalla vita militare e trovare lì qualche impiego ma spero anche di essere in grado di passare un lungo periodo a studiare l’istruzione di ognuno nel jujutsu, se ciò le aggrada.

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Chinkon Kishin nel comprensorio dell’Omoto di Ayabe, 1921.

Per concludere c’è la questione della fede di Sensei; ho percepito qualche insicurezza nel fare visita a Sensei ad Ayabe la scorsa estate. Mio zio e il sig. Kubota sono esempi, ma non c’è stato molto supporto al mio viaggio ad Ayabe. Comunque credo che l’Omoto-kyo ed il bujutsu siano completamente separati. Mentre ero ad Ayabe sentivo spesso parlare di fede da parte di Sensei e da altre persone e, forse a causa del mio scetticismo e dei molti argomenti che non ho potuto comprendere pienamente, non sono stato in grado di comprendere quest’Omoto-kyo che è pieno di miracoli che vanno al di là della scienza moderna. Comunque ho una profonda ammirazione per la fede di Sensei e per l’atteggiamento umile di Sensei nei confronti degli dei, ed ho quindi ponderato su molti punti riguardanti le tecniche di Sensei e la sua fede. Non è necessariamente limitato all’Omoto-kyo, ma può essere che sia con la fede che il bujutsu raggiunge prima quel livello; si può pensare a livello viscerale che il bujutsu shugyo sia qualcosa che, alla fine, riporti alla fede.

Di giorno in giorno il clima si fa più rigido, prego sempre per la sua salute. Infine, grazie di aver dedicato del tempo alle mie farneticazioni.

19 Settembre

Rispettosamente,

Kenji Tomiki all’onorevole signore Isamu Takeshita

Poscritto: La prego di voler portare i miei saluti al signor Shimoji ed al signor Yamamoto.

  1. Questa lettera è stata trascritta dal professore di Storia Intellettuale delle Arti Marziali Giapponesi alla Waseda University Fumikaki Shishida, Aikido Shihan della Japan Aikido Association, a partire da una copia ricevuta da Katsuyuki Kondo, Daito-ryu Aiki-jujutsu Hombu-cho. Lo scritto autografo di Kenji Tomiki è stato decifrato con l’aiuto di Seiichi Saito, che aveva studiato sotto la guida di Kenji Tomiki al periodo dell’Università Kenkoku in Manciuria, ma c’erano dei passaggi poco chiari e si spera in successive chiarificazioni. Possono esserci stati errori ed imperfezioni nella copia, ma è naturale che la trascrizione è sotto responsabilità del curatore. Con estrema gratitudine per Kondo Sensei e Saito Sensei, Shishida Fumiaki, 18 gennaio 1991.
  2. I materiali originali in lingua giapponese sono stati recuperati con l’assistenza di Josh Gold di Aikido Journal.

Christopher Li – Honolulu, Hawaii


@EnricoNeami