Aikijujutsu Densho, ovvero Budo Renshu di Moritaka Ueshiba, è un articolo pubblicato da Christopher Li in lingua inglese su Aikido Sangenkai – Pacific Rim International Power Study Group – http://www.aikidosangenkai.org, Honolulu, Hawaii, ed è consultabile direttamente in originale all’indirizzo www.aikidosangenkai.org/blog/aikijujutsu-densho-budo-renshu-moritaka-ueshiba; quella che segue è una traduzione in lingua italiana a cura di Enrico Neami.

Dai primi anni ’20 fino alla fine della seconda guerra mondiale il Fondatore Morihei Ueshiba utilizzò il nome “Moritaka” – un nome che egli ricevette dalla sua relazione con Onisaburo Deguchi (出口王仁三郎), derivante dalla parola “shukou” (“Moritaka” può anche essere letto “shukou”) che compariva nel Norito (preghiere Shinto) di Onisaburo Deguchi.
La vera voce di Onisaburo Deguchi mentre declama le preghiere Shinto.
È in questo periodo temporale che vennero pubblicati i libri “Budo” (1938) e “Budo Renshu” (1933), i quali uscirono entrambi sotto il nome di “Moritaka Ueshiba” (植芝守高).

“Budo” venne originariamente scritto per il Principe Kaya Tsunenori, un membro di un ramo collaterale della Famiglia Imperiale. Kayanomiya sarebbe diventato Sovrintendente della Scuola Toyama dell’esercito imperiale, dove Morihei sarebbe stato istruttore prima della guerra. Un’edizione inglese (“Budo: Teachings of the Founder of Aikido”) tradotta da John Stevens venne pubblicata nel 1991 ed un’altra edizione (“Budo: Commentary on the 1938 Training Manual of Morihei Ueshiba”) tradotta da Sonoko Tanaka e Stanley Pranin venne pubblicata nel 1999.
“Budo Renshu” (pubblicato in inglese con il nome “Budo Training in Aikido”), pubblicato nel 1933, venne consegnato ad allievi selezionati come licenza d’insegnamento. Al contrario di “Budo”, che è composto di fotografie in posa di Morihei Ueshiba mentre dimostra delle tecniche, “Budo Renhsu” è composto da immagini disegnate a mano da Takako Kunigoshi, un’allieva del Kobukan Dojo di Morihei Ueshiba che iniziò ad allenarsi immediatamente prima del diploma all’Accademia Giapponese Femminile di Belle Arti. Di ciò si è già trattato nell’articolo “Three Doka and the Aiki O-Kami”.
“Budo Renshu” contiene anche dettagliate spiegazioni scritte sulle forme e sui principi dell’arte di Morihei Ueshiba che erano state quasi del tutto scritte e revisionate da Kenji Tomiki, uno degli allievi più anziani di Morihei Ueshiba, che aveva iniziato ad allenarsi al Kobukan Dojo di Tokyo intorno al 1926.
Negli articoli “Kenji Tomiki: Judo Taiso – a method of training Aiki no Jutsu through Judo principles” e “Aikido Shihan Kenji Tomiki’s Goshinjutsu” si possono trovare altre informazioni su Tomiki Sensei.
Nel 1954 Morihei Ueshiba pubblicò “Aikido Maki-no-Ichi”, curato dal Ni-Dai Doshu Kisshomaru (Koetsu) Ueshiba. Il libro, che non venne distribuito pubblicamente (ma che è disponibile qui), riproduce la maggior parte del testo e molti dei disegni che apparvero la prima volta nella pubblicazione “Budo Renshu” del 1933. Ciò equivale a dire che il libro dimostra che le spiegazioni tecniche, sia scritte che illustrate, e le descrizioni dei principi che vennero insegnati da Morihei Ueshiba erano le stesse sia nel 1954 che nel 1933, quando l’arte era denominata “Daito-ryu Aikijujutsu”.
L’edizione di “Budo Renshu” che è possibile scaricare qui sotto è disponibile grazie a Scott Burke, che vive a Fukukoa, ma che spesso raggiunge le Hawaii per frequentare i workshop del Sangenkai Dojo. È stato così generoso da mettere a disposizione le copie scansite di “Aikido Maki-no-Ichi” e di “Kenji Tomiki: Judo Taiso – a method of training Aiki no Jutsu through Judo principles”. Venne pubblicato da Morihei (Moritaka) Ueshiba nell’anno 9 dell’Era Showa – 1934.

Come è possibile notare sopra, il titolo originale sulla copertina del libro non è “Budo Renshu” (武道練習), ma piuttosto “Aikijujutsu Densho” (合気柔術伝書).
Il libro si apre con un ritratto formale del Fondatore (più sopra) ed include delle fotografie di Morihei Ueshiba mentre dimostra Happo Bunshin (八方分身) al Kobukan Dojo di Ushigome (Wakamatsu-cho), che aprì nel 1931. La tecnica che stava dimostrando era inclusa nei rotoli Daito-ryu rilasciati nello stesso anno.
Osservando con attenzione si può notare che la seconda persona da destra in entrambe le fotografie non è altri che Rinjiro Shirata, 9 dan di Aikido, che era anche noto come “Il Prodigio del Kobukan”.

Shirata Sensei era uno dei pochi insegnanti postbellici ad aver ricevuto entrambe le copie di “Budo Renshu” e “Budo” direttamente da Morihei Ueshiba prima della guerra.
Di segutio un piccolo interludio sull’esperienza di Ichiro Shibata, quando incontrò Rinjiro Shirata nel 1977 (da “It Had To Be Felt – Shibata Ichiro: A Lean and Hungry Look” di Ellis Amdur):
Un’altra giornata che ricordo chiaramente fu in occasione del primo International Aikido Federation consolidation, credo nel 1977. Quella mattina la lezione venne tenuta, invece che dal Doshu, da Shirata Rinjiro Sensei. C’erano probabilmente più di centocinquanta persone sulla materassina. A Shirata Sensei era stata affidata una lezione di un’ora, un’ora e mezzo. La maggior parte degli allievi erano stranieri, con un contingente particolarmente numeroso di francesi, molti dei quali avevano dei gradi dan piuttosto alti. Shirata Sensei aveva un modo di comportarsi molto tranquillo, molto gentile ed umile. Il comportamento degli allievi francesi, invece, era particolarmente sgradevole.
Shirata Sensei fece il saluto d’inizio e cominciò il riscaldamento. Molti di quegli alti gradi europei iniziarono a conversare, ignorando il riscaldamento (questi non erano gli allievi regolari del dojo ma i rappresentanti delle organizzazioni nazionali, molti dei quali si erano assegnati l’un l’altro i gradi, e si comportavano con tutta l’irrispettosa mancanza di rispetto di un burocrate delle Nazioni Unite dotato di immunità diplomatica). Dopo una quindicina di minuti – era uno di quei momenti catartici che appaiono senza preavviso – Sensei propose infatti alcuni movimenti da eseguire in solitaria che, da quel poco che potevo ricordare, non avevo mai visto) Shirata Sensei prese un bokken ed iniziò a spiegare shihonage, sottolineando quanto importante fosse quella tecnica, proponendo shihogiri con il bokken. Sicuramente sorridendo sotto i baffi – è chiaro che la maggior parte dei presenti alla lezione lo sottovalutavano perché semplicemente non sapevano chi fosse – esclamò: “mi spiace, non conosco molto della spada. O Sensei sviluppò un mucchio di tecniche dopo che ebbi finito di studiare con lui”. I francesi continuavano a parlare, cosa che Shirata Sensei continuò ad ignorare.
A questo punto io lasciai un po’ il segno, perché due di questi sesti dan erano ancora tranquillamente in piedi, davanti a me ed alla composta fila di allievi seduti che ascoltavano le spiegazioni, e, molto arrabbiato, li afferrai entrambi per il koshiita dell’hakama e li trascinai in seiza, come usando la frusta. Mentre loro si guardavano intorno attoniti, esclamai “shut the fuck up!”. Loro compresero il mio inglese – esempio di comunicazione interculturale – e si guardarono in giro, chiocciando come un paio di galline durante la covata. D’improvviso sentii un forte colpo sulla spalla e mi voltai, pronto a ricevere qualche sorta di spiacevole appellativo in francese; era Waka Sensei (Moriteru Ueshiba) che ridacchiava con un gran sorriso stampato sulla faccia.
Allora Shirata Sensei chiamò Shibata san come partner. La cosa non era iniziata bene: la lezione era cominciata da una buona mezz’ora, il vecchietto aveva proposto appena alcuni movimenti di riscaldamento e una “semplice” serie di movimenti con la spada, non dimostrando alcuna autorità sugli allievi. Shibata san, forse potrà essere perdonato, lo raggiunse con fare annoiato, per afferrare quello che presumeva essere il braccio di un vecchio gentile ed apparentemente inoffensivo. Va detto che le mani di Shirata Sensei erano grandi, come dei cespugli di rododendro che uscissero dai suoi polsi poderosi. Immaginate Shibata san tirare un braccio verso sinistra. Shirata Sensei si spostò ancora più a sinistra, ed ancora: credo si mosse per un terzo della lunghezza del tappeto dell’Aikikai. La faccia di Shibata san era come quella di Will il Coyote nel cartone dei Bip-Bip quando si accorge che la corda a cui si è aggrappato è legata ad un’incudine che è stata appena gettata da una scarpata. Il movimento finale dello shihonage di Shirata Sensei fu come il taglio primordiale nell’Itto ryu: perfettamente centrato, dal cielo alla terra, fatta eccezione che stava tagliando con un essere umano nelle mani invece che con una spada. Shibata san eseguì una delle più eccezionali cadute che io abbia mai potuto vedere. Realmente credevo che il suo braccio si sarebbe staccato dal corpo ma lui riuscì a cavarsela con due grosse falcate ed una planata per ruotare in tempo ed eseguire una poderosa caduta a terra.
Shirata Sensei lo proiettò ancora tre volte e Shibata san effettuò delle ukemi impeccabili ed, alla fine, ritornò in piedi, come innamorato. Molti di noi provarono le stesse emozioni, sia per la meritata punizione del nostro beneamato quanto temuto senpai, sia per le poderose capacità di quell’uomo a noi sconosciuto. Incredibilmente, però, molti dei francesi stavano ancora parlando, a volte passeggiando anche al di fuori del tatami, pur se Shirata Sensei stava dimostrando ulteriori tecniche.
Shibata san che, ne sono sicuro, doveva essere già molto arrabbiato, si lanciò come una cometa fuori dall’orbita che attaccasse in molteplici punti l’intero mondo occidentale. In effetti attaccò realmente l’intero mondo occidentale. Scivolava infatti in giro per la materassina, saltando in mezzo alle coppie di praticanti stranieri, afferrandone uno dopo l’altro e lanciandoli fuori dal tatami sull’impiantito di legno o, letteralmente, mandandoli a sbattere sui muri, spostandosi quindi verso un’altra coppia di visi pallidi e facendo lo stesso.
Era come vedere uno squalo in un acquario, con tutti i pesciolini che scappavano svelti lontano da lui quando si avvicinava, mentre lui li prendeva e li maciullava. Quindi all’improvviso mi afferrò e, ruotando, stava per proiettarmi verso il muro. Io riuscii a muovere un passo verso il suo interno e ruotando con una sorta di tai-no-henko introverso, lo spostai di ancora mezzo giro e, a causa dell’effetto volano, la sua schiena sbattè contro il muro. I suoi occhi erano sbarrati e stava sollevando un pugno, ma prima che mi potesse colpire afferrai la sua spalla e gridai: “Shibata-san Ore da! Ore da!” (Sono io, sono io!). Lui si scosse come un lupo che si scrollasse l’acqua di dosso, mi battè la mano sulla spalla e, in inglese, mi disse “Oh, mi dispiace!” e schizzò via, afferrando un altro francese per proiettarlo.
L’ultima mezz’ora della lezione registrò un comportamento decisamente migliore, devo dire. Shirata Sensei semplicemente continuò imperturbato, per tutto il tempo, ad insegnare con l’apparenza di uno che dicesse “faccio semplicemente quello che faccio. Se volete prestare attenzione siete i benvenuti”.
Ancora una cosa interessante prima di passare al download. È subito evidente comparando la versione postbellica di “Budo Renshu” che venne pubblicata dal Ni-Dai Doshu Kisshomaru Ueshiba (pubblicato in inglese col titolo “Budo Training in Aikido”) con l’edizione originale che nell’edizione postbellica molte delle illustrazioni sono state ridisegnate. Ciò molto probabilmente perché si lavorò sulla base di fotocopie o altre copie di scarsa qualità del lavoro originale. La cosa interessante è che molte delle figure del libro postbellico appaiono più … felici!
Ed ora la versione completa scansita in formato PDF di “Aikijujutsu Densho”, ovvero “Budo Renshu”, del 1934:
“Aikijujutsu Densho”, ovvero “Budo Renshu” (Dropbox – PDF 11.8 Mb)
“Aikijujutsu Densho”, ovvero “Budo Renshu” (Server di Aikido Sangenkai – PDF 11.8 Mb)
Buona lettura!