Budoka no Kotae – Talking to Kisshomaru Ueshiba Sensei, è un articolo pubblicato da Christopher Li in lingua inglese su Aikido Sangenkai – Pacific Rim International Power Study Group – www.aikidosangenkai.org, Honolulu, Hawaii, ed è consultabile direttamente in originale all’indirizzo www.aikidosangenkai.org/blog/budoka-no-kotae-talking-kisshomaru-ueshiba-sensei/; quella che segue è una traduzione in lingua italiana a cura di Enrico Neami.

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Kisshomaru Ueshiba era nato il 27 giugno 1921 nel complesso dell’Omoto-kyo di Ayabe, dove suo padre Morihei Ueshiba aveva aperto il suo primo dojo, il Ueshiba Juku.

Nel 1927 si trasferì assieme alla sua famiglia a Tokyo, dove suo padre aprì il Kobukan Dojo, quello che sarebbe poi divenuto l’Aikikai Hombu Dojo.

Nel 1942 Morihei Ueshiba raccomandò al figlio di “difendere il dojo con la propria vita” e si ritirò nelle campagne di Iwama.

Dopo la morte di Morihei Ueshiba avvenuta il 26 aprile 1969 egli divenne (dopo alcuni contrasti con suo cognato Koichi Tohei) il secondo Doshu dell’Aikikai.

Si è trattato di Kisshomaru Ueshiba già in alcuni precedenti articoli:

Il seguente articolo è la versione inglese di un’intervista che apparve originariamente su “Risposte dai Budoka” (“Budoka no Kotae” / 武道家の答え), pubblicata da BAB Japan nel 2006.

In quest’intervista Kisshomaru Ueshiba spiega i propri sforzi per cambiare ed adattare l’arte di suo padre Morihei al mondo moderno.

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Aikikai Hombu Dojo, Aikido Shimbun del gennaio 1999.

Lo spirito del precedente Doshu
di Moriteru Ueshiba, San-Dai Doshu.

Le tecniche e la Via dell’Aikido che ci erano state lasciate da O Sensei non venivano sempre comprese facilmente da tutti. Il Doshu, mio padre, le cambiò in modo che fossero facilmente comprensibili e dedicò tutta la sua vita per diffonderle. Per questo motivo ci ha lasciato molti libri scritti da lui. Io sono cresciuto vedendo il Doshu che tornava dai keiko e che si metteva a studiare e scrivere per ore e ore e, persino con i miei occhi di bambino potevo comprendere l’importanza di quel lavoro“.

Il risultato di questi sforzi è stato il diffondersi nel mondo della versione di Kisshomaru Ueshiba dell’arte, ma ha lasciato suo figlio, il San-Dai Doshu Moriteru Ueshiba, a confrontarsi con se stesso.

Peter Goldsbury, 7 dan dell’Aikikai e presidente della International Aikido Federation (IAF) dal 1998 al 2016, si è espresso con commenti interessanti circa la situazione attuale su Aikiweb, in una discussione sullo stato dell’Aikido che guarda al futuro (estratti da due commenti distinti):

Ho avuto una conversazione privata con H Isoyama (Hiroshi Isoyama, n.d.t.) un paio di mesi fa. Isoyama iniziò ad allenarsi a Iwama all’età di 12 anni e crebbe sotto la tutela di Saito. Kisshomaru era lì pure lui e l’Hombu era in realtà a Iwama a quel tempo. Egli notò come un problema ricorrente a Iwama e a Tokyo fosse “che fare del vecchio”, tutto preso con le sue divinità, mentre Kisshomaru era tutto impegnato a rendere l’Aikido un’arte che potesse sopravvivere nel Giappone postbellico e ciò significava scendere ad alcuni importanti compromessi.


Penso si possa comprendere il dilemma del Doshu (l’attuale Doshu, Moriteru Ueshiba). Deve preservare l’essenza dell’arte senza conoscere molto di ciò che suo nonno faceva in realtà. E’ più giovane di me di un paio d’anni e tutto quello che sa è stato filtrato da Kisshomaru e da quei deshi della generazione di Kisshomaru. Il figlio del Doshu, Mitsuteru, avrà un problema ancora più grande.

A parte un paio d’eccezioni come Tomiki e Tohei, Kisshomaru permise ai vecchi deshi come Tada, Yamaguchi, e Arikawa di andare avanti ad insegnare ciò che avevano appreso direttamente da Morihei Ueshiba, nella misura in cui lo avevano compreso. Venne concesso alle diversità di prosperare ma con il trascorrere del tempo c’è stato un inevitabile abbassamento di livello ed una frequente e crescente insistenza a rimarcare che ciò che faceva l’Hombu fosse l’unica via d’uscita per l’Aikido. Penso che se l’Aikikai potesse trasformare le otto tecniche di base in dogmi sacramentali non perderebbe l’occasione di farlo.


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Kisshomaru Ueshiba nel 1963. Foto scattata al Kilaulea Art Studio di Hilo, Hawaii.

Budoka no Kotae: conversazione con Kisshomaru Ueshiba Sensei.

Da “spezzare la lancia” alla “Grande Strategia”

D: Per prima cosa vorrei chiederle quali siano gli attuali obiettivi nella sua pratica nel Budo

R: Per quel che riguarda i miei obiettivi nell’allenamento nel Budo, non cerco cose come divenire più forte grazie al Budo, o colpire e proiettare gli avversari. Io penso ad un metodo per allenarsi tutta la vita attraverso la Via del Budo. Migliorare lo spirito umano e favorire una crescita della mente, allenandosi con persone che puntino agli stessi obiettivi e favorendo l’estensione dell’influenza di queste persone nella società, non solo in Giappone ma anche oltreoceano, per costruire una società pacifica e migliore. Ed è per questo percorso verso la società che è stata creata l’International Aikido Federation (IAF) e che l’Aikido si è felicemente diffuso di recente anche oltreoceano.

D: Qual è la situazione attuale dell’Aikido oltreoceano?

R: Tra i Budo giapponesi che siano popolari oltreoceano, lo situazione attuale è che l’Aikido viene subito dopo Judo e Karate. Ad esempio, parlando della Francia, che non ha esitato ad accettare l’influenza della cultura giapponese, ci sono circa 378.000 persone che praticano Judo, seguite da 78.000 persone che fanno Karate. Si ritiene che i praticanti di Aikido siano circa 40.000, seguiti da qualche centinaio di persone che praticano Kendo. C’è una bella differenza tra loro. Da quando lo Judo è divenuto mondiale ed ha portato le proprie bandiere alle Olimpiadi, la consapevolezza della società nei confronti dello Judo è cresciuta. Il Karate non è solo Giappone, il Karate della Cina e della Korea sono divenuti ancor più grandi.

Il Karate è un Budo impetuoso, che si concentra sui colpi e sui calci ed è molto popolare tra i giovani. Ritengo sia eccellente per allenare la mente e il corpo dei giovani. In ogni caso credo che ci siano delle cose un po’ differenti nell’Aikido. Cioè l’Aikido ha forgiato dal passato le tecniche attraverso i metodi tipici di condizionamento del Budo e non c’è shiai (試合 /competizioni). Quando si compete si viene catturati dalla volontà di vittoria o dalla paura della sconfitta. Nel fluire dei movimenti delle tecniche dell’Aikido, movimenti naturali, si ritrova l’unificazione del corpo e della mente (心身統一 / “shin-shin toitsu”) ed è quando si raggiunge il più alto livello che si può affinare la propria umanità.

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Kisshomaru Ueshiba alle Hawaii.

D: Lei ha qualche metodo particolare di allenamento?

R: Il pensiero di un metodo speciale d’allenamento non ha mai attraversato la mia mente. Credo che il fattore più importante del Budo moderno sia che ciascuno possa praticare confortevolmente in qualsiasi luogo. Questo è un requisito determinante in modo che possa divenire una forza positiva per la società. Oggigiorno non si può salire sulle montagne per allenarsi come i guerrieri del periodo Sengoku o dell’epoca medievale e quindi dichiarare qualcosa come “sono divenuto forte” e presentarsi come un maestro… immagino che ci sarebbero delle persone che approverebbero ma ciò non si sposa con la società moderna. Deve esserci un Budo che venga coltivato nei modi dei tempi moderni. Se non fosse un Budo che possa vivere i tempi moderni, non avrebbe valore sociale.

D: Si dice che l’Aikido sia un Budo che coltiva dei valori spirituali, ciò come viene visto oltreoceano?

R: Per quanto riguarda l’estero, ci sono coloro che sono interessati allo Zen o alla cultura orientale, come ad esempio al Chado (la cerimonia del tè). È una caratteristica particolare dell’Aikido che ci siano molti intellettuali che ne sono interessati.

Prima ho portato l’esempio della Francia, dove ci sono 378.000 persone che praticano Judo, ma al contrario di quanto accade nel Judo o nel Karate, una caratteristica propria dell’Aikido è che il numero di bambini che praticano sia molto ridotto. Quindi, quando si è più vecchi, significa che anche i più anziani possono praticare.

Per l’Aikido mio padre utilizzò i metodi di allenamento di molti Kobudo (arti marziali antiche); questi, guidati dai principi filosofico-spirituali adatti al mondo contemporaneo, sono Aikido.

Quando andai a New York nell’anno Showa 38 (1963) un professore della New York University mi disse “Persino chi ha la mia età può fare Aikido. Io studio lo Zen, ma si potrebbe interpretare l’Aikido come Zen in movimento, vero?“. Io risposi: “ci sono persone che dicono che l’Aikido sia Zen in movimento“. Dopo che ebbi detto ciò quella volta, i mass media ed altre persone, come i preti buddisti, iniziarono a dirmi che l’Aikido era Zen in movimento.

D: Quali sono i punti essenziali sui quali l’Aikido differisce dagli altri Budo?

R: Ci sono nove gruppi registrati al Budokan come Budo giapponesi. Compreso il Budokan, esistono dieci gruppi che compongono il Budokyogikai (武道協議会). Judo, Kendo, Karate, Shorinji, Naginata, Sumo, Kyudo, Jukenjutsu e quindi Aikido ma l’Aikido è l’unico di questi che non preveda forme di competizione. Io sarei felice se si prendesse consapevolezza del fatto che è in questo che l’Aikido ha una prospettiva differente dagli altri standard Budo.

D: Significa che l’Aikido non è un tipo di Kobudo?

R: Dipende dalle persone: ci sono quelli che ritengono che l’Aikido debba entrare nella categoria del Kobudo. Sicuramente non è sbagliato asserire che l’Aikido abbia avuto origine dal Kobudo, e nell’Aikido mio padre utilizzò i metodi di allenamento di molti Kobudo; questi, guidati dai principi filosofico-spirituali adatti al mondo contemporaneo, sono Aikido. Per questo motivo dico sempre che l’Aikido è una questione dello spirito. Vi prego di pensare all’Aikido in questa maniera.

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Il matrimonio di Kisshomaru Ueshiba a Iwama: Morihei Ueshiba siede tra gli sposi.

Morihei Ueshiba fu un Budoka che creò una Via dello Spirito.

D: Chi sono i Budoka che lei rispetta di più?

R: In quanto praticante di Aikido porto rispetto a mio padre (Morihei Ueshiba). Ci sono poi molti altri dinnanzi ai quali mi inchinerei…

D: Posso ritenere che ciò sia perché Morihei Sensei puntava ai suoi stessi obiettivi?

R: Alcuni dicono che mio padre fosse forte. Può centrare anche quello. Ma questo genere di cose non è un motivo di rispetto. È per il fatto di aver creato una nuova Via dello Spirito chiamata Aikido che egli è meritevole di rispetto. Mio padre era un uomo della vecchia guardia, quindi potrebbero esserci delle cose di me che non lo soddisferebbero. Comunque le cose sono state lasciate a me in eredità perché ero suo figlio ed io ho fatto del mio meglio per far evolvere questa Via in una Via moderna.

Non esistono incredibili insegnamenti segreti.

D: Stavo per chiederle degli insegnamenti segreti del Budo (極意 / “gokui”): li definirebbe un controsenso?

R: Sono felice che lei me l’abbia chiesto. Agli inizi dell’era Showa (1926-1989), una persona chiese a mio padre “Sensei, quali sono gli insegnamenti segreti? La prego, ce li insegni” ed egli replicò: “non sta facendo ognuno le cose segrete? Io mostro sin da subito i segreti. Non esiste ‘questo è segreto’ o ‘quello è segreto’, non c’è alcunché di incredibile. Ecco perché se lei dà un’occhiata ai rotoli non comprenderà nulla. Non troverà ‘questo è segreto’, ‘quello è segreto’, ciò è un trucco magico. Non ha neppure senso discuterne“. Anch’io sono totalmente convinto di ciò.

Gli insegnamenti segreti del passato arriveranno in modo naturale attraverso una pratica con cuore sincero. Si trattava di una cosa dello Spirito, dove ad un certo punto si dovrebbe dire d’improvviso “Ora capisco!“. Tra i praticanti del Kobudo ci sono davvero delle persone che parlano di cose ridicole come ‘questo è un segreto’ o ‘quello è un segreto’ ma dal mio punto di vista ciò non è accettabile.

Mio padre disse: non sta facendo ognuno le cose segrete? Io mostro sin da subito i segreti.

La forza della cultura giapponese.

D: Che cosa l’ha spinta a dedicarsi al Budo?

R: Nel passato mio padre mi disse: “non sto progettando che tu mi succeda nel Budo“. Però, dopo la guerra non c’era molto lavoro possibile. A quel tempo parlai con alcune persone che ritornavano dopo aver studiato all’estero. Con la fine della guerra gli studenti giapponesi si sentivano come se fossero sofferenti di demenza o castrazione e si comportavano in rapporto a ciò scappando segretamente da luogo a luogo. Provai un gran senso di miseria ascoltandoli.

Pensai: “Il Giappone ha combattuto contro il resto del mondo, questa è la misura della grande forza del popolo giapponese. Cosa posso fare?” Allora chiesi a mio padre se non ci fosse qualcosa, qualcosa derivante dalle tradizioni del Giappone.

Mentre meditavo su tutto ciò compresi che c’era qualcosa. L’Aikido. Capii che l’Aikido – il risultato della prolungata pratica religiosa di mio padre – era un’espressione veramente meravigliosa della cultura della gente asiatica e giapponese. Allora mi misi al lavoro per smuovere il comando divisionale di Mac Arthur ed il Ministero dell’Educazione ed il Kobukai che esisteva già allora venne riorganizzato nel febbraio del 23° anno Showa (1948) quale organizzazione nazionale dell’Aikikai Foundation. Mio padre dall’Ibaraki Dojo disse: “io sono concentrato sul mio allenamento Budo, quindi procedi tu! Bene o male sei in grado di gestire le cose”. Così andai avanti ed iniziai le cose a Tokyo.

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Morihei Ushiba e Kisshomaru Ueshiba dinnanzi all’Aikikai Hombu Dojo.

A quei tempi all’Ibaraki Dojo (Iwama, n.d.t.) non si poteva accedere come allievi senza una presentazione, e c’erano quindi molti personaggi illustri, molti dei quali non frequentavano con regolarità. Grazie alla collaborazione di queste persone avvenne che l’Aikikai fu in grado di diffondersi a livello nazionale. Per intenderci, all’epoca il dojo di Tokyo era una struttura in legno che faceva acqua quando pioveva. In più ci furono una serie di incendi, che riuscimmo a spegnere ogni volta con delle catene di secchi d’acqua.

Inoltre, nel dojo c’erano molti rifugiati di guerra. Appena nel 30° anno Showa (1955) si riuscì a far uscire di lì tutte quelle persone.

Quando i vecchi allievi si riunivano per allenarsi iniziavamo a ragionare “poniamo le basi anche all’estero” e posammo gli occhi su dei giovani entusiasti che potessero trasmettere le virtù dell’Aikido. Ed ecco che espandendoci oltreoceano seguimmo Judo e Karate nella loro crescita.

Inoltre, all’incirca nel 30° anno Showa (1955) lasciai la mia compagnia in modo da potermi dedicare totalmente all’Aikido e creare un’organizzazione basata sugli allievi: inviai degli shihan in almeno 150 istituti scolastici per far crescere l’organizzazione. E qui torniamo a quando abbiamo detto all’inizio, ovvero ai sentimenti che sviluppai dopo la guerra quando per la prima volta pensai di dedicarmi all’Aikido. Per quanto io possa sbagliarmi, i giapponesi hanno qualcosa che è peculiare proprio della gente del Giappone. Chiunque sa che Einstein era un grande scienziato. La sua straordinaria acutezza era il fondamento di quello che si definisce come la sua intuizione. Per esprimere le cose in modo diverso, come nell’esempio di una trottola, la ricerca di quello “stato della mente totalmente limpido” (澄み切りの境地 / “sumi-kiri no kyouchi”) è l’obiettivo dell’Aikido.

Ritengo che le fortune del Giappone siano il risultato del far concretizzare il destino delle persone in ciascuno dei loro ambiti. Però la prosperità del Giappone di oggi non è abbastanza; penso che dal punto di vista spirituale ci sia anche un aspetto della prosperità che è molto negativo. Credo e spero con tutto il mio cuore che l’Aikido che vi ho illustrato possa divenire qualcosa che, alla fine ultima, possa compensare quegli aspetti negativi.

D: Grazie per aver sottratto un po’ del suo tempo ai suoi numerosi impegni per collaborare con noi.

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Kisshomaru Ueshiba al vecchio Aikikai Hombu Dojo.

@EnricoNeami