Budoka no Kotae – Talking to Morihiro Saito Sensei, Part 2, è un articolo pubblicato da Christopher Li in lingua inglese su Aikido Sangenkai – Pacific Rim International Power Study Group – www.aikidosangenkai.org, Honolulu, Hawaii, ed è consultabile direttamente in originale all’indirizzo www.aikidosangenkai.org/blog/budoka-no-kotae-talking-morihiro-saito-sensei-part-2/; quella che segue è una traduzione in lingua italiana a cura di Enrico Neami.
Quando O Sensei non era a Iwama ero io che mi occupavo dell’insegnamento. Per ovvie ragioni – io stavo a Iwama – non so chi fosse ad insegnare all’Hombu Dojo quando O Sensei non era lì. Andavo raramente all’Hombu Dojo. Negli anni 1960 e 1961 O Sensei era molto vitale: quindi a volte andava a Tokyo per insegnare Aikido; non passavano poi molti giorni che gli allievi dell’Hombu Dojo mi chiamavano chiedendomi di riportare a casa O Sensei! O Sensei infatti faceva passare loro dei momenti molto duri, sgridandoli perché non praticavano nella forma corretta. A Iwama O Sensei era solito fare la sua pratica personale nelle mattine, ed io ero il solo allievo ammesso a prendervi parte. In cambio dei suoi speciali insegnamenti io lavoravo nella fattoria di O Sensei.
Intervista con Morihiro Saito Sensei di Mats Alexandersson
Morihiro Saito Sensei era nato il 31 marzo 1928 in un villaggio contadino vicino al dojo di Iwama, nel quale avrebbe poi trascorso più di vent’anni allenandosi direttamente sotto la guida del Fondatore dell’Aikido Morihei Ueshiba. Grazie ai suoi turni (24 ore di lavoro e 24 ore di riposo) di lavoro presso le Ferrovie dello Stato Giapponesi, gli fu possibile trascorrere lunghi periodi di tempo da solo con Morihei Ueshiba come allievo e partner di allenamento, in particolare quando il Fondatore formulò nel dopoguerra il suo sistema di pratica con le armi. La pratica del mattino presto era infatti dedicata alla preghiera all’Aiki Jinja seguita dagli esercizi con le armi, lo studio dell’Aiki-Ken e dell’Aiki-Jo e la loro interrelazione con le tecniche a mani nude.
Morihiro Saito fu custode dell’Aiki Jinja sino alla sua morte nel 2002. Egli è noto per il suo impegno a preservare la forma esatta delle tecniche di Morihei Ueshiba, così come gli erano state insegnate nel corso degli anni di allenamento a Iwama.
Questa è la seconda parte della traduzione di un’intervista in tre parti che venne pubblicata originariamente su “Risposte dai Budoka” (“Budoka no Kotae” / 武道家の答え), edito da BAB Japan nel 2006. È possibile leggere la Parte 1 prima di proseguire con questo pezzo.

Budoka no Kotae – Conversazione con Morihiro Saito Sensei – Parte 2
D: È così ogni giorno?
R: Sì. La domenica e le festività è chiuso ma non ci sono giorni di chiusura per gli uchi-deshi. Hanno l’allenamento alla mattina, per la prima metà della giornata. Alla sera, assieme agli allievi sumi-komi (che vivono all’interno), si riuniscono assieme trenta-quaranta allievi.
D: Il dojo deve riempirsi tutto, non è vero?
R: Proprio ora ci sono una decina di persone solamente tra i sumi-komi. Prendono i pasti qui e ci rimborsano solamente per l’effettivo costo sostenuto. Ma quando cucinano assieme sorgono un mucchio di problemi: vengono da paesi differenti e ci sono alcune persone che non mangiano carne, altre che non mangiano pesce.
D: In particolare per le questioni religiose, gli stranieri che si interessano di cose come lo Zen spesso non mangiano né carne né pesce, vero?
R: Ecco perché io pongo come condizione per accedere al dojo che non ci si portino dietro religione o politica. Ci sono luoghi in altri Paesi dove si combattono guerre per le differenze religiose, ma qui andiamo avanti senza alcuna connessione con quelle cose. I Kami-sama sono venerati nel dojo, ma quei Kami-sama sono connessi al Budo, che non è religione; sono stati venerati dai guerrieri sino dai tempi antichi, non è una questione religiosa. Tutti guardano lo Shomen (del dojo, N.d.T.) senza riluttanza, si inchinano e battono le mani prima di iniziare la pratica.
D: E per quanto riguarda lei? C’è qualche religione, come il Buddismo Zen Soto, che le sia stata tramandata dai suoi antenati?

R: sono cresciuto nel Buddismo Shingon, ma non vi era un cimitero al tempio. Un tempio buddista Soto Zen lì vicino aveva un bel cimitero, quindi quando mi spostai lì divenni un buddista Zen Soto. Il Fondatore è sepolto in un tempio buddista Shingon a Tanabe, Wakayama, chiamato Kozanji (高山寺). Una delle sue ultime volontà fu “seppellitemi qui” ma per alcune ragioni il Ni-Dai Doshu (Kisshomaru Ueshiba) aveva una tomba nella Prefettura di Wakayama. Questa è la ragione per la quale non è possibile fare una visita in giornata alla sepoltura del Fondatore. È davvero difficile farsi tutta la strada sino a Wakayama.
Per quanto riguarda me, poiché questo era il dojo del Fondatore, ho ritenuto che fosse una mia responsabilità di trasmettere ciò che mi era stato insegnato dal Fondatore stesso. Un mucchio di cose sono state dette, un tempo, ma le opinioni sono cambiate e il numero di richieste per venire qui è cresciuto di molto.
Si costruisce prima una base con l’allenamento statico (個体稽古). Quindi il metodo evolve per gradi verso le tecniche fluide e verso le proiezioni senza contatto.
D: Sia qui che all’Hombu Dojo ci devono essere degli aspetti positivi, non crede?
R: Ogni percorso è il medesimo, ma in quei giorni il metodo d’insegnamento veniva differenziato a seconda del dojo.
D: Differenziato in che maniera?
R: Piuttosto di dire che era differenziato, sarebbe meglio dire che l’insegnamento era diventato diverso. Alla fine è il metodo di insegnamento che cambia in un luogo dove si insegna per quattro giorni, per una settimana o per 365 giorni all’anno.
D: Come veniva portato avanti l’insegnamento qui?
R: Come ci si potrebbe aspettare, si costruisce prima una base con l’allenamento statico (個体稽古). Quindi il metodo evolve per gradi verso le tecniche fluide e verso le proiezioni senza contatto. Le tecniche fluide erano intese dal terzo dan in su, quindi all’inizio eravamo autorizzati a praticare solamente in modo statico, ma invece le tecniche fluide sono l’argomento di studio principale a Tokyo.
Quando a Tokyo si usa la forza, si viene sgridati. Questa è la differenza. A noi veniva insegnato di afferrare saldamente, di tenere con forza nelle tecniche con le prese.
Inoltre, il Fondatore insisteva sempre, nei suoi insegnamenti, che la spada, il bastone e le tecniche a mani nude sono una cosa sola. Noi oggi pratichiamo in questa maniera ma a Tokyo spada e bastone non vengono insegnati proprio.

D: Quante persone vengono qui dalle varie università?
R: Se ne arrivano troppi non li possiamo sistemare, così limitiamo il numero a circa venti persone. Università di Ibaraki, Università del Giappone, Università Miyagi per l’Educazione, Università Tohoku, Università Iwate, Università Hirosaki, l’altro giorno gli allievi dell’Università della Prefettura di Osaka sono ritornati a casa, stasera arrivano quelli dell’Università Tokushima e come avranno finito loro arriveranno quelli dell’Università di Kanagawa e dell’Università Aichi e poi, finalmente, avremo concluso.
Tre o quattro notti, al massimo cinque. Abbiamo tutto il necessario per cucinare i pasti, quindi gli studenti vanno a fare la spesa e si preparano i loro pasti.
D: Normalmente ricevono l’insegnamento dagli shihan della loro zona?
R: Sì, esatto.
D: E quegli shihan sono tutti meno esperti di lei?
R: Già, non ci sono molte persone più esperte di me.
D: Dev’essere molto eccitante per loro venire qui, no?
R: Di certo, poiché questo era il dojo dove il Fondatore praticava il suo shugyo. Ma era quella Tanabe? Un luogo sconveniente. Ha-ha-ha, alla mattina si allenano all’aperto con la spada e con il bastone. Alla sera si allenano con gli allievi ordinari. Così ci sono più di sessanta persone e non ci si riesce a muovere! Ha-ha-ha-ha.
D: E quindi?
R: Prima avevamo trentasei materassine (Nota: i tatami sono grandi circa tre piedi per sei piedi ciascuno, 1 metro per un metro e novanta circa, N.d.T.) ma quando sono iniziati ad arrivare gli allievi, il Fondatore, nei suoi ultimi anni, ordinò di ingrandire la superficie dei tatami. Ora è di sessanta tatami ma penso che sarebbe stato meglio averne almeno cento. Ma c’è modo di allenarsi sempre, indifferentemente da quanto poco sia lo spazio.
Il principio di base dell’Aikido è semplicemente attaccare.
D: È utile per lei scambiare le tecniche (praticare, N.d.T.) con gli allievi ordinari?
R: È per questa ragione che tornano a casa felici.
D: Ma come funziona? In termini di livello.
R: A seconda della scuola può essere piuttosto differente. Comunque, gli insegnanti che mandano i loro allievi hanno una visione molto aperta. Ci sono infatti molti shihan che dicono ai loro allievi di non venire qui. Molti di questi sono all’Hombu di Tokyo e dicono “non andate a Iwama“! Uno shihan di una delle università è anche istruttore all’Hombu ma dice “non andate a Iwama”! e non permette ai suoi allievi di venire. Perché qui facciamo l’allenamento statico (kihon, N.d.T.). Quando lo imparano e rientrano a casa, diviene difficile praticare con loro.
D: Emergono sottili differenze?
R: Si, emergono. È piuttosto imbarazzante parlarne, ma tutti i percorsi tendono a suddividersi in molteplici differenti direzioni…
D: Ragionando in prospettiva a lungo termine, ci sono differenze nette e esiti diversi in ragione della pratica statica o di quella morbida?
R: Ne deriva una conseguenza chiarissima! Oh sì, nella pratica a due, si può vedere chiaramente da qui. non è mai troppo giusto parlarne.

Il Budo in cui si attacca per primi.
D: In ogni caso, molte persone dicono: “nel Budo chiamato Aikido non ci sono tecniche d’attacco”.
R: No, ciò è ridicolo: la base dell’Aikido è semplicemente attaccare. Invece di parlare di colpire, con “attaccare” si intende che il principio di base è colpire l’avversario per farlo reagire. Non si tratta di un colpo per rompere, si entra in velocità e quando l’avversario si muove per contrastare deve stendere le sue mani. Afferrare quelle mani è un principio di base.
D: Sembra avere senso, no?
R: Ci sono molti luoghi in cui non si conosce questa cosa e dove si pratica semplicemente attendendo che l’altra persona colpisca. Il principio di base è differente. Shomenuchi, ad esempio, parte tutto con un attacco da parte mia: come nell’esempio in questo libro, si colpisce e ci si muove in avanti, quindi si afferra il braccio.
D: Capisco: si colpisce dal lato e quindi gli si consente di ricevere l’attacco… è una sorta di precondizione.
R: Proprio qui nel libro del Fondatore si dice “Spostatevi in avanti dal vostro lato ed attaccate“. Ultimamente quelli di altre scuole dicono che non ci sono attacchi nell’Aikido, ma questo è un errore. Il principio di base è l’attacco… Si dice “Non c’è difesa migliore dell’attacco” (攻撃に勝る防御なし) – quantomeno nel caso di shomenuchi, che è un attacco.
D: Quello che lei chiama “attacco” è qualcosa di differente da quello che si vede negli sport da combattimento?
R: È differente. È qualcosa legato a tirare fuori il ki del partner, o assorbire le sue sensazioni, o coordinarsi con esse, o connettersi a lui e, quindi, controllarlo.

Aikido è fare taijutsu come quando si pratica con la spada (e praticare con la spada come quando si fa taijutsu).
D: Nel fare ciò, è possibile spiegarlo nel contesto delle cosiddette arti da combattimento?
R: Sì, quando ci si muove realmente in accordo coi principi, il movimento di uno contro i molti è connesso con il maneggio della spada e con i movimenti del bastone. Per questa ragione nell’Aikido bisogna seguire l’addestramento nella spada e nel bastone che è specifico per l’Aikido. Qualsiasi parte delle tre che voi omettiate, il vostro Aikido non sarà completo.
Sarà irritante ripeterlo, ma il gruppo a Tokyo, forse a causa del troppo orgoglio, non viene mai qui per imparare. Loro imparano la spada dello Iaido e il bastone del Muso-ryu. Nello Iaido la spada viene spinta con le anche. Nell’Aikido lo facciamo ruotando le anche. È esattamente l’opposto! Nello Iai si spingono le anche in avanti e si ritirano indietro poi in un lampo, ma nella spada dell’Aikido si girano le anche e si tira.
Lo Iaido è un Budo magnifico, ma nel caso dell’Aikido il significato e l’obiettivo sono differenti, quindi sono incompatibili. Inoltre, per finire, il metodo di utilizzare il bastone nell’Aikido e nel Muso-ryu è differente. Perché nell’Aikido i principi unificati del lavoro del corpo come con la spada e della spada come per il corpo sono uno.
D: qui è tutto così?
R: Così è come lo facciamo qui. Probabilmente è l’unico posto al mondo. Comunque il Fondatore insegnava tutto secondo questi principi di base qui, non faceva lo stesso a Tokyo.
Prosegue nella Parte 3.
grazie per questa pubblicazione. Aspetterò la parte 3