Fonti governative hanno recentemente fatto trapelare come il governo intenda annunciare alla nazione il nome della nuova Era del calendario giapponese il 1 aprile 2019, prima dell’ascesa al trono del nuovo imperatore il 1 di maggio.

Informazioni dettagliate sul lungo processo di transizione alla nuova Era del calendario giapponese, che comporterà l’abdicazione dell’attuale imperatore – fatto che accade per la prima volta dopo almeno 200 anni nella storia dell’Impero del Sol Levante – in favore del proprio figlio, il principe imperiale Naruhito, sono reperibili in lingua inglese sulla pagina dedicata di Wikipedia.

Pare interessante, in previsione degli ulteriori sviluppi della situazione, proporre di seguito la versione in lingua italiana a cura di Enrico Neami di un interessante articolo pubblicato in lingua inglese da Timothy Magarry il 25 ottobre 2018 su The Monsoon Project e lì liberamente consultabile alla pagina Predicting Japan’s next era name.

Il 1 maggio del prossimo anno (2019, N.d.T.) il Giappone entrerà in una nuova Era, letteralmente. Contemporaneamente al calendario occidentale, infatti, il Giappone mantiene attivo il proprio metodo di datazione basato sugli anni di regno e, quando l’Imperatore abdicherà il prossimo 30 aprile 2019, l’Era Heisei avrà ufficialmente termine.

Poiché il nome dell’Era compare nel calendario ma anche nei software e nella maggior parte dei documenti ufficiali, la transizione a quella nuova comporta numerosi problemi logici e se esistesse un modo per prevedere il nome della prossima, ciò renderebbe il processo di transizione molto più morbido.

Ci chiediamo: come viene quindi scelto il nome di una nuova Era?

Quali sono le regole?

Nel 1983 il gabinetto del Primo Ministro Nakasone aveva pubblicato una Dichiarazione sulla Procedura per il nome di una Nuova Era, inserita nella Legge sul nome di una nuova Era del 1979. La dichiarazione presenta sei regole per scegliere il nome della nuova era. Ora le approfondiremo una alla volta.

1. Un significato che si sposi con le aspirazioni e gli ideali dei cittadini.

Si tratta di una regola basata sul buonsenso. Caratteri con significati come diarrea (痢), veleno (毒), maledizione (呪) o morte (死) sono ovviamente inappropriati. La stessa cosa vale per caratteri riferiti ad oggetti d’uso comune come zuppa (汁), tavolo (机), tegola (瓦).

2. Lunghezza esatta di due Kanji.

Kanji (漢字) è il nome dei caratteri cinesi utilizzati in Giappone.

Le motivazioni per questa regola sono semplici e sono basate sulla continuità: la maggior parte delle Ere ha nomi con due caratteri, anche se ci sono state poche eccezioni bizzarre con nomi di quattro caratteri.

In ogni caso, ciò è anche interessante per altre ragioni: i nomi delle Ere giapponesi sono tradizionalmente derivati da citazioni dei classici della letteratura cinese, come I quattro Libri ed i Cinque Classici. In ragione della passione del Primo Ministro Shinzo Abe per l’unicità della cultura giapponese, il Gabinetto ha preannunciato lo scorso mese che per il 2019 verranno presi in considerazione i classici della letteratura giapponese.


C’è da dire, però, che la maggior parte dei ‘classici’ giapponesi non utilizza i kanji. Il Genji Monogatari di Murasaki Shikibu e il Makura no Soshi di Sei Shonagon sono quasi completamente composti in kana, una forma di scrittura puramente fonetica. Il rinnovato Manyoshu utilizza invece i kanji, ma lo fa in maniera esclusivamente fonetica, rendendo difficile l’applicazione della regola n°1. Per ironia della sorte, i classici giapponesi potrebbero essere così ‘unicamente giapponesi’ da risultare inappropriati.

3,4. Facile da leggere e scrivere.

Poiché il nome dovrà comparire nei documenti ufficiali, i regolamenti dell’amministrazione pubblica limitano la scelta ai 2.136 “caratteri di uso generale“. Il giornalista Yuko Takashimitsu, inoltre, fa notare una policy che esclude i caratteri che prevedano più di 15 tratti. L’obbiettivo sarebbe quello di individuare qualcosa con cui si possano cimentare anche i bambini, ma sufficientemente maturo e tradizionale per essere apprezzato dalla società.

Anche considerando la regola dei 15 tratti, “facile” va interpretato alla lettera. Junzo Matoba, il burocrate che aveva selezionato in precedenza il nome “Heisei”, aveva respinto molte proposte assai valide semplicemente perché non erano semplici abbastanza. Infatti, nessun singolo carattere nelle Ere relativamente recenti è mai stato più complesso di nove tratti e nessuno ha mai avuto più di tre componenti da ricordare.

Un’altra questione da focalizzare è poi quella relativa alla differenza tra lettura on-yomi e kun-yomi (dettagli su Wikipedia, N.d.T.). Prendendo, ad esempio, il kanji che significa “Est” (東): la sua lettura on-yomi è Tou, che richiama la pronuncia originale cinese di “Tung”, mentre la lettura kun-yomi è Higashi, la parola originaria giapponese per Est.

La lettura ufficiale sarebbe molto probabilmente on-yomi. I madrelingua giapponesi tendono a leggere i complessi di due kanji con l’on-yomi e, forse per la sua origine culturale cinese, nessuna Era della storia giapponese è mai stata letta a mezzo kun-yomi.

5. Mai utilizzata in precedenza.

Questa regola include i nomi delle Ere giapponesi e cinesi ed i nomi degli imperatori. Include anche i nomi già proposti nel passato ma definitivamente scartati. Ciò significa, ad esempio, che Shouka (正化) e Shuubun (修文), che erano stati in corsa con Heisei, non potranno mai più essere presi in considerazione.

Ciò però non impedisce la stessa combinazione di suoni, altrimenti si sarebbero creati dei conflitti tra l’Era Showa tra il 1312-17 (正和) e l’Era Showa in cui, invece, vennero stilate queste regole (昭和 1926-89).

6. Non di uso comune.

Il nome non può derivare da nomi di luogo, nomi di persona o nomi propri del Giappone, Cina e Corea. Fondamentalmente, il nome deve essere unico.

Junzo Matoba, responsabile della scelta del nome ‘Heisei’ in una foto del Mainichi Shinbun.

Ma ciò è più facile dirlo che metterlo in atto. Il giorno dopo l’annuncio del nome “Heisei“, venne fuori un villaggio della Prefettura di Gifu che aveva per nome esattamente gli stessi kanji. In un’intervista in quell’agosto, Matoba dichiarò ironicamente che, a parte aver controllato i nomi di tutti i ristoranti cinesi e dei ristoranti Yakiniku, lui e il suo gruppo non avevano pensato di verificare il nome di ogni singolo villaggio del Giappone.

6. Altre considerazioni.

La regola ‘MTSH’

Matoba aveva scelto definitivamente Heisei poiché le sua iniziali in caratteri occidentali risultano differenti dalle Ere precedenti: (M)eiji, (T)aisho, (S)howa.

Sebbene sembri assurdo, vi è una logica: molta documentazione governativa fa riferimento agli anni della storia giapponese moderna utilizzando sigle che sfruttano le iniziali (ad esempio il 6° anno dell’Era Taisho è T6). E’ quindi ben accettato il fatto che il nome della prossima Era segua questa regola, non potendo quindi iniziare con M, T, S o H.

Combinazione di nuovo e vecchio

Uno dei grandi meriti di Heisei era che combinava un carattere già utilizzato in precedenza con uno completamente nuovo. All’avvicinarsi dell’inizio della nuova Era, le congetture dei media danno fondamentalmente adito alle predizioni su un nome che coniughi l’antico al moderno. Inoltre, tutti i nomi delle precedenti quaranta Ere – risalendo sino al 1600 ed oltre – utilizzano almeno uno dei caratteri di un nome utilizzato in precedenza.

Una lunghezza di almeno tre ‘mora’

Un ‘mora‘ è un’unità fonetica in lingua giapponese e tutte le combinazioni di due kanji ne hanno da due a quattro. Le parole con quattro mora hanno una piacevole circolarità all’orecchio dell’uditore ed infatti molti vocaboli vengono abbreviati per rientrare in questo schema (si legga sotto). Le parole con tre mora hanno ancora una buona ritmica ma le parole con due mora possono suonare troppo rapide e taglienti. In oltre 1300 anni, il Giappone non ha mai avuto un’Era con il nome da due mora.

Quindi quale potrebbe essere il nome della prossima Era?

Si potrebbe azzardare, con un certo livello di fondatezza, che il nome della prossima Era potrebbe iniziare con una K o con una vocale, molto probabilmente venendo costruito sfruttando un carattere già utilizzato in precedenza e contando, presumibilmente, su quattro mora. Tenendo conto di tutto questo, ecco qui alcune delle molteplici possibili opzioni:

Timothy Magarry è Juris Doctor Candidate presso l’Australian National University College of Law. Ha un passato di studi in ortografia giapponese e poesia classica cinese.

Feature image source: marcelokato

@EnricoNeami