Di norma non amo scrivere in prima persona, o di cose direttamente afferenti la sfera personale o privata: ritengo l’universo non possa e non debba venire misurato col solo metro del proprio braccio, del vissuto personale, dell’esperienza dagli orizzonti limitati.

Stavolta farò un’eccezione, a conferma di tale giusta regola.

Udine, 15 febbraio 2018: un mio corrispondente spedisce una busta formato lettera commerciale da un ufficio di Poste Italiane al mio indirizzo di Trieste, una zona relativamente centrale del cap 34143; la tariffa pagata è quella della Posta4, il modo economico e veloce per spedire in tutt’Italia. Consegna garantita in quattro giorni lavorativi.

posta4

Udine, 23 febbraio 2018: lo stesso mio corrispondente, ingenuamente fiducioso, spedisce al medesimo indirizzo di Trieste 34143 un’ulteriore busta, sempre a tariffa Posta4.

Oggi, 11 marzo 2018, 23 giorni e 16 giornate lavorative (cioè il quadruplo del tempo di consegna prevista) dopo l’invio della prima busta: nulla è ancora arrivato nella mia cassetta delle lettere.

Questi i fatti.

Chiaramente è facile ironizzare: mi torna subito alla memoria la sagace trovata di Lercio.it circa le ultime ed inedite lettere dell’Apostolo Paolo rinvenute giacenti in un ufficio postale italiano [leggi] e, sul momento, cado nella tentazione di pensare che il mio corrispondente avrebbe ben potuto spendere qualche centesimo in più per un prodotto postale leggermente più celere e, magari, tracciato, onde evitare l’usuale dispersione e la probabile scomparsa della posta ordinaria affidata a Poste Italiane; di certo non mi soffermo mentalmente a sprecare il tempo dei miei neuroni per ricordare se costituisca reato “solamente” civile o addirittura penale la sottrazione, violazione, distruzione o semplice smarrimento pasticcione della corrispondenza altrui quando affidata ad un operatore postale; il giuoco non ne vale la candela.

Scacciando tali pensieri negativi, quasi rassegnato all’ineluttabile – se quelle buste mai giungeranno a me, lo faranno dopo tempi geologici inaccettabili persino se fossero state affidate a piccioni viaggiatori col morbo d’alzheimer – mi reco al bar per risollevare la mia mattinata con il rituale cornetto e cappuccino.

Pago alla simpatica gerente del mio locale d’abitudine i 2,10 euro dovuti e, poiché è l’ora di punta ed il bar è gremito, mi metto in attesa, paziente. In quel mezzo minuto di comprensibilissima sospensione, elaboro e focalizzo un ardito parallelismo tra me, il mio corrispondente, le buste, il caffè & brioches, la prestazione pagata ed il servizio ottenuto.

Se mi trovassi in un bar “Posteitaliane”, avrei appena ordinato e pagato regolarmente un cornetto col cappuccino per mettermi in attesa, pur’io ingenuamente fiducioso, di riceverli caldi da consumare in un ragionevole lasso di tempo, variabile in funzione, ad esempio, dell’affollamento del bar al momento dell’ordine. Dopo un paio d’ore, la barista di “Posteitaliane” mi avrebbe fatto probabilmente arrivare il solo caffè, freddo, avendo perso per strada il mio cornetto, che già avevo pagato.

Mi chiedo, stressando nel far ciò il mio povero cervello: anche in quell’occasione avrei fatto spallucce, magari pensando che, in fin dei conti, se avessi ordinato una cioccolata calda al tavolo corredata da dolcetti freschi di pasticceria – pagando evidentemente una somma molto maggiore – avrei potuto sperare in una maggiore celerità e completezza del servizio?

Temo che l’atteggiamento estremamente disinvolto dell’operatore postale Posta Italiane, che non manca di replicare alle frequenti lamentele dei privati sui sempre maggiori disservizi nell’ambito della postalizzazione con incredibili asserzioni sulla regolarità del proprio servizio e dei tempi di consegna, sia dovuto sostanzialmente al fatto che a) la posta ordinaria non è tracciabile e, conseguentemente, non vi è modo di dimostrare o richiedere la dimostrazione dell’avvenuta consegna; b) la riorganizzazione aziendale seguita alla privatizzazione ha tolto all’utenza di un interlocutore diretto efficace in quanto dotato di effettiva conoscenza delle problematiche pratiche; c) nessuno mai, per una busta Posta4 da una manciata di euro, avrà la voglia né i mezzi per procedere legalmente a tutela dei propri diritti di utente/cliente.

Amaramente debbo quindi convenire con la tendenza apparentemente generalista e populista a considerare svantaggiati i privati rispetto ai “grandi clienti” delle Poste, ormai in balia costante di malfunzionamenti e gravi mancanze endemiche a livello funzionale e strutturale.

Se fossi un cliente del bar “Posteitaliane”, almeno, potrei sfogare la mia frustrazione con una recensione su TripAdvisor o similia, affibbiandogli la stella singola della vergogna e rimarcando nelle note quanto esso sia costantemente al mio disservizio.

 

@EnricoNeami

 


Aggiornamento del 18 marzo 2018:

Il giorno 13 marzo, infine, le buste incriminate sono giunte al mio recapito postale, assieme ad un malloppo di altra posta ritardataria.

Nell’edizione del 17 marzo 2018, il quotidiano di Trieste Il Piccolo pubblicava la mia seguente segnalazione:

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