MUST READ: Cerchi Concentrici, Sebastiano Tanasi, Gruppo Albatros Il Filo, Roma, 2023, ISBN 9788830672611, 125 pagine.

Sin dalla copertina, l’ottima prova narrativa di Sebastiano “Ino” Tanasi mantiene la sua promessa: nei Cerchi Concentrici vi si legge davvero tanta Sicilia, coi suoi colori, essenze, paesaggi ed emozioni. E con la sua gente. Differenti generazioni di siciliani su diversi piani temporali – anni ’80 dell’Ottocento ed inizi Novecento, primo e secondo dopoguerra tra Tripoli e l’Italia, tardi anni ’90 del Novecento e il quasi contemporaneo 2010 – vengono tratteggiati dalla sensibile penna dell’autore che, alla pari di un damaschinatore d’altri tempi, ne cesella i tratti con incisiva profondità, sviscerando pulsioni istintive e fondamentali quanto eterne ed immutabili.

Sullo sfondo sempre lei, l’isola siciliana: piccola grande patria di Tanasi e di tutti gl’isolani del suo racconto, vero e proprio centro di gravità permanente – citazione di un altro siculo ed immortale Maestro – dei Cerchi Concentrici di cui al titolo. Il libro non poteva, e non avrebbe potuto, ambientarsi altrove se non lì. Giusto sfondo geografico ed appropriato orizzonte emotivo per una storia di storie che parlano d’amore, passione, desiderio e vendetta, memoria, passato e futuro. Tutte le componenti, cioè, che rendono unico e differente il sapiens rispetto a tutte le specie animali altre che popolano il pianeta.

Infatti, oltre alla costante e pervasiva presenza della trinacria insulare, il lavoro di Tanasi stuzzica con tocco lieve ma incisivo ben altro e ben di più: temi profondissimi e di ampia portata umana e filosofica – peraltro molto cari a chi scrive – quali quelli legati al ruolo del vissuto e del passato nella vita di ciascuno, alla memoria ed al ricordo di chi più non ci è accanto – o più non vive -, al dilemma escatologico se davvero ciò che si compie in vita riecheggi nell’eternità, come l’Hagakure di Yamamoto Tsunetomo (e non Russel Crowe ne Il Gladiatore) insegna.

Anche gli spunti sulla Tradizione, pur con posizioni divergenti dalle riflessioni di un Marcello Veneziani, per capirci, sono potenti e stimolanti: citando al proposito grandi classici sull’argomento – ad iniziare da Karl Marx, in apertura (La Tradizione di tutte le generazioni scomparse pesa come un incubo sul cervello dei viventi) – Tanasi pizzica e urtica il lettore, stimolandolo a combattere tra la necessità di soffermarsi a riflettere e ponderare, e l’imperativo a proseguire la lettura dettato dalla sua prosa accattivante e dalla lineare fluidità.

E non mancano riferimenti più o meno espliciti, accanto ai grandi dell’accademia come Foscolo o Hesse, ai geni visionari della controcultura: dal più commercializzato – ma forse non altrettanto compreso – George Orwell, allo psichedelico Philip Kindred Dick, per citarne alcuni. Il tutto condito e farcito – alla pari della migliore cassatina o del più squisito cannolo scomposto – da riferimenti costanti e citazioni ai grandi (commerciali e meno commerciali) della musica contemporanea della scena mondiale: Wham, Dire Straits, Queen, Pink Floyd e tanti altri si alternano nel fornire al lettore la giusta colonna sonora alle pagine dei Cerchi Concentrici.

Chi conosce Sebastiano Tanasi sa che Ino, oltre alle letture poliedriche e variegate, alla passione per la musica e per la sua Sicilia, agli studi in Programmazione neurolinguistica e Scienze della comunicazione, affianca l’amore viscerale per l’Aikido, unendolo al ricordo intramontabile del suo Maestro ed amico Alessandro Tittarelli (1957-2018): se ne trovano tracce molto chiare ed inequivocabili in parecchi passaggi del libro, alcuni dei quali riempiono il cuore di chi – come l’autore – Tittarelli non lo aveva semplicemente conosciuto ma anche ascoltato (per imparare) e seguito.

Cerchi Concentrici di Sebastaino Tanasi è un bel libro, ben scritto, interessante, profondo e stimolante.
E va letto: tutto il resto, le chiacchiere, stanno a zero.

@EnricoNeami

L’autore (a sx) a Iwama (Kasama, Giappone) nel 2013, ritratto assieme al maestro Alessandro Tittarelli.