Dale FurutaniUno strano straniero – entra in casa mia – comincia l’avventura. Con questo intrigante Haiku inizia L’avventura dell’Henna Gaijin, primo capitolo del riuscitissimo esperimento narrativo di Dale Furutani, giapponese “americano” sin da quando emigrò in fasce negli Stati Uniti, autore di Death in Little Tokyo (1993) e finalista di numerosi premi, primo vincitore asiatico del prestigioso Anthony Award, autore in Italia della fortunata trilogia del samurai Matsuyama Kaze: Agguato all’incrocio, Vendetta al palazzo di giada A morte lo shogun.

In questo Strane avventure di Sherlock Holmes in Giappone, pubblicato con i tipi di Marcos y Marcos (traduzione italiana a cura di Paola Mazzarelli, Milano, 2013, ISBN 978-88-7168-672-1) vengono a coniugarsi le migliori aspettative di un bibliofilo giapponesista e di un appassionato e devoto culture del celeberrimo detective che sir Arthur Conan Doyle fece risiedere al 221/b di Baker Street.

L’esordio ricalca gli espedienti narrativi dei grandi del genere, quando Furutani introduce l’opera spiegando di aver ricevuto in dono da una vecchia conoscente dei taccuini manoscritti in caratteri kanji ed in inglese romaji, redatti nel bel mezzo dell’era Meiji da un certo dottor Junichi Watanabe. Essi sarebbero stati decifrati dall’autore con l’aiuto di alcuni esperti linguisti e pubblicati a favore del pubblico: raccontano le avventure vissute dal dottor Watanabe, appunto, assieme ad uno straniero, un supposto esploratore svedese di nome Siegerson, a Kuruizawa, località turistica a Nord di Tokyo lungo i monti del Nakasendo, in una data imprecisata dell’anno 1892.

Siegerson-san, come verrà indicato nel corso dell’intero libro, altri non è che, “elementare, Watanabe!”, Sherlock Holmes, in incognito ritiro nelle terre del sol levante tra il 1891 – anno della sua presunta morte presso le cascate del Reichenbach congiuntamente all’arcinemico prof. James Moriarty – ed il 1894 – anno del suo rientro ufficiale sulle scene ne L’avventura della casa vuota – per sfuggire alle potenziali ritorsioni della fantomatica organizzazione criminale dello scomparso “Napoleone del crimine” prof. Moriarty.

Sostituendosi egregiamente al ruolo usualmente coperto dal dott. John Watson, il dott. Watanabe, esperto di medicina olandese – come allora era nota la medicina occidentale in estremo oriente, in contrapposizione alla più diffusa medicina cinese – sarà la spalla di Siegerson/Holmes nel corso dei vari capitoli del riuscito romanzo, fungendo da trait d’union tra il mondo prettamente occidentale ed inglesissimo dell’investigatore – che per tutta la lunghezza del romanzo non si stancherà di rimpiangere al locale bancha il tè nero all’inglese – e l’universo apparentemente minimale e lineare ma, in realtà, complesso, articolato ed assai sofisticato della cultura e della società giapponese.

I devoti dell’investigatore con la pipa ritroveranno nelle pagine del piacevolissimo volume l’applicazione più rigorosa e filologica del metodo scientifico di Holmes, i giapponesisti, al contempo, ritroveranno citazioni, filosofie, peculiarità tipiche dell’estremo oriente e del Giappone in particolare.

La maestria e la conoscenza della creatura di Conan Doyle e del suo mondo da parte dell’autore, non farà sfuggire neppure un rapido cenno al Baritsu o Bartitsu, arte “marziale” eclettica e sincretica che Conan Doyle aveva fatto apprendere al suo investigatore e che, realmente esistita, venne formalizzata da Edward William Barton-Wright tra il 1898 ed il 1902 e che traeva origine dalla fusione di Shinden Fudo Ryu Jujutsu, Kodokan Judo, Daito Ryu Jujutsu, Jujutsu Tenjin Shinyo, pugilato, schwingensavate, e combattimento coi bastoni canne.

Ritratto di Edward William Barton-Wright, circondato da tecniche del Bartitsu
Ritratto di Edward William Barton-Wright, circondato da tecniche del Bartitsu

Una vera chicca letteraria che unisce due mondi e che, omaggiando Sherlock Holmes, introduce al lettore con confortevole piacevolezza il complesso mondo giapponese tradizionale nelle sue molteplici e variegate sfaccettature.

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