Il giorno 19 marzo 2014, il quotidiano di Trieste ha pubblicato nella rubrica Le Segnalazioni una “spalla” a firma dell’on. Renzo de’ Vidovich, storico esponente dell’associazionismo dalmata e figura di primo piano nella storia del panorama associativo giuliano-dalmata, dal titolo Università Popolare, carrozzone ormai superato dalla storia.
L’articolo propone delle considerazioni personali dell’autore assai interessanti che focalizzano l’attenzione su riflessioni e pensieri legati a temi fondamentali dell’ormai morente mondo dell’Esodo, quali ad esempio l’effettiva rappresentatività della Federazione delle Associazioni degli Esuli, il ruolo di alcuni storici esponenti di questo variegato mondo (come Renzo Codarin, Manuele Braico, Bruno Marini, ecc.), le posizioni di alcune associazioni storiche (come l’Associazione delle Comunità Istriane), l’intreccio della politica nella gestione degli Istituti scientifici (come l’Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata di Trieste, IRCI) la funzione dell’Università Popolare di Trieste e del suo presidente Fabrizio Somma, i rapporti tra l’Italia ed il mondo associazionistico ed i “rimasti”.
Dato l’elevata rilevanza di questi temi e dei ragionamenti che derivano da una attenta riflessione sugli stessi, ne propongo di seguito la versione integrale come apparsa sul quotidiano Il Piccolo, appunto.
Sembra che la tattica di occultare le notizie e mettere gli esuli davanti al fatto compiuto, adottata da quasi due anni dal presidente della FederEsuli Renzo Codarin, gli abbia consentito di ottenere ben retribuiti incarichi da parte dell’amministrazione di sinistra in cambio del passaggio di alcuni enti degli esuli ad esponenti del Pd. Il Piccolo ha dato larghe notizie sulla nomina di Renzo Codarin a presidente di Est Energy nel marzo di due anni fa, un mese prima del passaggio dell’Irci a una coalizione di sinistra, gestita da Codarin. Le notizie ebbero effetti disastrosi sul morale degli esuli che si sentirono trattati come merce di scambio e l’Anvgd, il Cdm e alcune associazioni sempre pronte ad accodarsi, si sono trasformate in numeri di conto corrente ben rimpinguati dai mezzi finanziari della Regione e dello Stato, benché fossero comandate da generali ormai senza truppa. Anche quest’ultima capriola registrata nell’Università Popolare a favore della sinistra risulta guidata da Manuele Braico, finora considerato di Forza Italia, che è diventato il neopresidente dell’Associazione delle Comunità istriane grazie anche all’apporto del consigliere regionale forzista Bruno Marini. Eppure per decenni le Comunità istriane si sono impegnate, in contrasto con me, in un’incomprensibile lotta contro i semplici “rimasti”, ma oggi hanno improvvisamente presentato una lista all’Università Popolare dicendo di voler modificare la presidenza ma guardandosi bene dall’indicare il nome del presidente. Solo a giochi fatti, cioè dopo le votazioni, è risultato che il presidente sarebbe stato quel Fabrizio Somma, da anni coinvolto nell’indirizzare i voti dei “rimasti” verso partiti di sinistra nelle elezioni del Friuli Venezia Giulia. Che ne pensa Forza Italia? Considera sempre suoi esponenti i Codarin, Braico e Bruno Marini? Anche questa nuova manovra di Codarin non potrà che avere effetti devastanti sull’Associazione delle Comunità istriane i cui soci si trovano improvvisamente trasformati da acerrimi nemici perfino dei semplici “rimasti” in reggicoda degli esponenti delle associazioni dei “rimasti”, che hanno responsabilità politiche ben diverse di quelle dei semplici “rimasti” che io ho sempre rispettato e che loro consideravano traditori. Così Fabrizio Somma, già collaboratore dell’Unione italiana di Fiume e Capodistria, è diventato improvvisamente presidente dell’Upt ed è, quindi, a capo dell’organismo attraverso il quale lo Stato italiano eroga e controlla i finanziamenti a favore dell’Unione italiana di Fiume e Capodistria. Ma non basta. In questi giorni è emersa la disponibilità della FederEsuli a consentire che gli stanziamenti previsti per gli esuli nell’accordo di Osimo del 1976 siano incassati dallo Stato italiano e non distribuiti tra gli aventi diritto in cambio di un finanziamento sottobanco da parte dello Stato italiano a una fondazione che sarà gestita dai personaggi che sono disponibili a silenziare i diritti degli esuli, così come era avvenuto dal 1948 in poi con i fondi del Trattato di Pace. Per gli esuli espropriati la storia si ripete? Pare di capire che alcune associazioni, ormai prive di iscritti, siano arrivate alla frutta: ma la spending review si è domandata quale funzione svolga la Federazione delle Associazioni degli Esuli che distribuirà nel triennio qualcosa come sei milioni e mezzo di euro, di cui gli esuli non vedono se non uno scarso ritorno in termini culturali e limitato ad alcune associazioni tra le meno finanziate? È da tempo che alcuni partiti e molti tecnici del ministero degli Esteri, di quelli delle Finanze e delle Belle Arti si chiedono che senso abbia mantenere dei carrozzoni che erano indispensabili ai tempi della Jugoslavia di Tito e che oggi sono privi di alcuna funzione reale. A quanto mi consta, il nostro ministero degli Esteri è in grado di gestire direttamente, attraverso le ambasciate di Zagabria, Lubiana e del Montenegro e dei rispettivi consolati, le spese per le scuole, le comunità italiane e i centri culturali in Istria, Fiume e Dalmazia (compresa quella montenegrina finora ignorata!), senza dover pagare inutili tangenti a organi intermedi come l’Unione italiana di Fiume e Capodistria (che si è intestata dieci milioni di immobili pagati dai contribuenti italiani!), e dell’Università Popolare che dovrebbe controllare la spesa dell’Ui. Tutto ciò porterà alla fine della FederEsuli e non aiuterà certo le associazioni che hanno operato correttamente, che potranno però respirare liberamente senza i lacci e i lacciuoli e i tradimenti che rischiano di strangolare anche le iniziative oneste.
@EnricoNeami